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giovedì 15 maggio 2008 - ore 10:58



(categoria: " Vita Quotidiana ")


CI SIAMO TRASFERITI WWW.SULLASTRADADIEMMAUS.IT


Benvenuto! Entra pure...

Come se fossi a casa tua!

Proprio ieri avevamo chiesto di te...


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mercoledì 14 maggio 2008 - ore 00:00



(categoria: " Riflessioni ")


WWW.SULLASTRADADIEMMAUS.NET
Anche la parrocchia di Internet ha il suo Parroco:
il Beppe Grillo in clergyman


di Francesca Stefani


Anche Internet ha il suo parroco: giovane, sportivo e pieno di fantasia. Una nuova forma di evangelizzazione firmata da don Marco Pozza, giovane sacerdote vicentino. Una parrocchia con il suo santo titolare (Giovanni Paolo II), la sua canonica e il suo consiglio pastorale. Il suo "notiziario domenicale" (in forma di newsletter) e la possibilità di diventare "parrocchiani virtuali". Con la prospettiva, già dal prossimo inverno, di organizzare i primi campiscuola, le prime lectio, i primi incontri "dal vivo".
Non è altro che l’ultima sfida di un ragazzo d’oro dai mille talenti.
Che tanti stanno aspettando per farlo accasare nelle loro testate giornalistiche e televisive.



ROMA - Che fosse d’aspettarselo era più ovvio che scontato. Lui non è un prete qualsiasi: lui è don Marco Pozza. Uno dei pochissimi preti che Beppe Grillo ha voluto sul palco in un suo spettacolo. Il prete che discuteva in chiesa con il Senatore Andreotti e don Di Noto, don Ciotti e la figlia di Aldo Moro. Sceso in Africa con Claudia Koll e difeso più volte dalla Polizia di Stato. Minacciato e ingiuriato a Padova ha sempre saputo ricaricare le pile il giorno dopo. A settembre aveva lasciato Padova per andare a Roma a perfezionare gli studi. Su mandato del suo Vescovo. Lui, “prete alternativo”, senza più una parrocchia. Lui che aveva fatto di una parrocchia di Padova il riferimento per centinaia e centinaia di persone giovani. Ma della sua fantasia non ha mai fatto mistero, ne tantomeno l’ha mai nascosta. Così, dopo qualche mese d’apparente silenzio, scopriamo che non si è limitato solo a studiare. E a dare gli esami. Ma s’è rimboccato le maniche: gli hanno tolto la parrocchia, lui ne ha fondata una di virtuale. Con tanto di santo titolare: Giovanni Paolo II. Essendo un papa-boys non poteva essere altrimenti.
Era a Reggio Calabria per un incontro nelle scuole: l’abbiamo raggiunto al telefono per farci raccontare questa novità.

Don Marco, bentornato!
A dir la verità non me ne sono mai andato. Ho semplicemente rispettato la promessa di obbedienza fatta al mio vescovo. L’ho sempre detto che per me l’obbedienza non è un optional: ho dato la dimostrazione concreta per essere sempre più credibile tra ciò che dico e ciò che faccio.

Una parrocchia virtuale: www.sullastradiemmaus.net. Perché?
Semplice: perché per chi ha voglia di lavorare, le possibilità sono immense. E per me lavorare “per conto di Lui” è un sogno. Oltre che un onore. Così non avendo più una parrocchia nella quale incrociare storie di persone, mani da consolare e piedi da aiutare, ho applicato la “strategia Beppe Grillo”: investiamo sul virtuale. E’ partito come una scommessa: in tre mesi abbiamo realizzato un sogno. Che ci porterà molto lontano: ormai, rimanendo in ginocchio all’alba, ne ho sempre più la convinzione.

Una parrocchia con una canonica addirittura...
Come ogni parrocchia che si rispetti, anche la nostra ha la sua canonica. "Alternativa" pure lei perché non ci vive solo il parroco, ma condividono la vita un gruppo di amici. Una piccola fraternità. Vengono da tutte le parti d’Italia: da Merano a Forlì, da Milano a Vicenza, passando per Padova, Bergamo e approdando a Roma. Il virtuale ci ha annullato le distanze. Non ero più disposto a vivere in canonica da solo. Ho applicato quello che farei nel caso avessi una parrocchia vera: chiamerei qualcuno a con-dividere con me le giornate. Magari una giovane famiglia che non potrebbe pagarsi l’affitto.


L’ambientazione è tutta vicentina: le immagini raccontano la storia di una ragazza e di un vecchio pastore
Io sono figlio orgoglioso della mie amata terra natìa (Calvene, ndr). La trama è la storia di una ragazza reale, Elena (che ho scelto perchè non l’ho mai vista truccata), che si fida di un vecchio signore – che per una vita ha fatto il malgaro – che le insegnerà come diventare grande mantenendo il suo cuore di una bambina. E’ tutto un gioco di sguardi, di evocazioni, di semplici accostamenti al naturale. Volevo profumasse di semplici verità la mia parrocchia: e me li sono scelti uno ad uno. Dietro i loro volti ci sono storie di trasparente e riconoscente affetto. Se sono felice d’essere prete è grazie alla loro vicinanza!

L’hanno sempre criticata per essere uno che "fa di testa sua". Questa volta presenta un lavoro a più mani: una rivincita?
Non ho bisogno di nessuna rivincita. In questi mesi, pregando, ho scoperto quanto sono prezioso agli occhi di Dio. Basta aprire la Scrittura Sacra per vedere che nel deserto Lui chiama chi deve ammaestrare per poi lanciare in grandi imprese. Questa è la mia vittoria: ripagata dalla Sua tenerezza. Ho sempre sognato di “unire”, mai di spaccare. Mi serviva la serenità per poterlo fare: il resto c’è sempre stato. Lo dimostra il fatto che oggi siamo qui a presentare un lavoro di squadra.
Finalmente!

Una risposta bella alla “parte critica” della sua vecchia parrocchia padovana che non l’ha mai accettato?
Mai dubitato che sia meraviglioso fare il prete: ci crede? Sono innamorato di Dio! (si capisce che devia volutamente la risposta)

Uno che lo vede per la prima volta, il suo sito è curato nei minimi particolari e molto fotografico. Quanto conta per lei l’immagine oggi dialogando con i giovani?
Grande importanza riveste oggi l’immagine. Meglio: l’immaginazione. Meno parole possibili a scapito di immagini che, da sole, potessero interloquire con il “parrocchiano virtuale”: è stata questa la nostra filosofia .
Ma il merito di questo risultato non è mio. Ho la fortuna di collaborare con ArteFoto di Gigi e Rita Abriani, uno splendido laboratorio di Lugo di Vicenza, che con la macchina fotografica compiono miracoli e capolavori. Paolo, webmaster-sacrestano di Forlì, incredibilmente è riuscito a concretizzare la mia fantasia nel web. Come vede io sono il pretesto: la professionalità me l’ha procurata il mio Datore.
Professionalità+bellezza+semplicità: un mix terribile!

Di suo cosa c’è?
La passione d’essere prete. La malattia del perfezionismo. Il sogno di non essere più da solo. E la voglia matta di non mollare mai! Basta questo: mi creda! Altrimenti chieda ai miei collaboratori...

La colonna sonora gliel’ha firmata Tiziana Manenti, non certo l’ultima arrivata: ha partecipato pure a Sanremo.
Per me è stato un onore. Soprattutto pensando a come ci siamo conosciuti: eravamo a Pompei ad un Meeting di Giovani lo scorso 1 maggio. Sono bastate due parole per capire che non c’eravamo incontrati per caso. Quando vuole Lui azzera le distanze. Mi ha regalato la sua passione, la sua voce, la sua giovinezza.
Adesso sta lavorando per costruire qualcos’altro. Top secret.



Io l’ho intervistata l’anno scorso per una testata giornalistica. Si sente che è cambiato: lei è meno nervoso e più convincente ancora. Come mai?
Ho sempre saputo d’essere giovane e tante volte ho cercato qualcuno che mi aiutasse. Ho sofferto perché tutti mi offrivano autorità, io invece cercavo autorevolezza. Poi un giorno ho conosciuto un prete splendido che s’è preso cura di me e, trattandomi come un figlio, mi sta insegnando a camminare. Ho deciso di fidarmi: e ho fatto la scelta vincente. Ho trovato il mio “secondo papà”.

Il suo Vescovo?
Sto scoprendo in questi mesi la sua tenerezza nei miei confronti. Io voglio bene al mio Vescovo e, appena posso, lo vado sempre a trovare. Dietro di lui il mio Rettore, don Sandro Panizzolo: l’uomo che non mi ha mai dimenticato. E don Attilio Mazzola: l’angelo custode durante la mia permanenza a Padova. Come si fa a non vederci la cura di Dio verso di me? Guardi preti che mi aiutano…

I preti di Padova come la prenderanno? Come l’ennesimo atto esibizionista?
Internet è spettacolare. Pensare che appena diventato prete nemmeno sapevo cosa fosse un blog... (secondo dribbling per evitare il discorso). Se vuole iscriversi pure lei...

Leggo ora che questo sito è il primo passo: da qui farà nascere un programma tv e un romanzo letterario. Sappiamo che le televisioni lo stanno aspettando, i giornali danno sempre più spazio alle sue riflessioni. C’è il nome di un grossissimo canale televisivvo dietro che la sta corteggiando da mesi. Ma lei trova il tempo di dormire?
Sono innamorato di fare il prete: non voglio perdere tempo! Nel mio cantiere c’è sempre la scritta: “Lavori in corso”. Tutto quello che legge è vero: e siamo a buon punto. Ho una squadra meravigliosa alle spalle. Che, giorno dopo giorno, s’arricchirà sempre più. In televisione ci entrerò con la schiena diritta, come mi ripete sempre il mio maestro. Per questo possono aspettare tutti: poi, visto che le offerte non mancano, sceglierò.
Solo dopo aver consultato i miei due papà, però!

E lo studio?
Mai stato un problema: anzi, è una gioia. Di notte penso, al pomeriggio invento, la mattina a scuola perfeziono. Sto facendo una dissertazione per la Licenza in Teologia Fondamentale sull’importanza dell’immaginazione nel comunicare la fede oggi: il professore che mi segue è un altro di quegli incontri fissati da Lui. Partirò proprio dal sito mio internet! (è impressionante come tutto ciò che fa sia collegato per non perdere tempo) Gli esami sono il mio passatempo: in treno, in autobus, mentre corro… Son fortunato anche qui: l’intelligenza non manca. Cerco di non tradire la fiducia di Chi me l’ha data.

Si parla di una presentazione ufficiale in grande stile in una piazza italiana. Conferma?
(ride!) Il mio Consiglio Pastorale m’ha imposto di mantenere il silenzio. Avendo potere esecutivo, devo obbedire a loro. Confermo solo che si farà in piazza: le sacrestie mi provocano una forte allergia alle vie cardiache.

Ma dove vuole arrivare a questa velocità?
Sempre nella stessa direzione: diventare santo. Magari pescando uomini nel mare di internet. La versione moderna del Mare di Tiberiade. Glielo assicuro: anche qui ci sono uomini che, dopo notti di pesca infruttuosa, hanno le reti tristi. Perché vuote.
Sono la mia nuova parrocchia!


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domenica 11 maggio 2008 - ore 00:43


Collaborazione con Il Mattino di Padova
(categoria: " Riflessioni ")


SULLA STRADA DI EMMAUS
Papà, ti piace Valentina?

di don Marco Pozza
da Il Mattino di Padova, domenica 4 maggio 2008

Sembra una fotografia di famiglia quando un ragazzo o una ragazza presenta ai suoi genitori per la prima volta il suo fidanzato o la sua fidanzata. Nell’Ascensione, Gesù, portando per la prima volta l’umanità lassù, volle fare al Padre la presentazione ufficiale della sposa. Reazioni? Non solo il Padre è rimasto felicissimo per la scelta del Figlio, ma ha voluto fargli subito un dono esagerato per le liste nozze. D’accordo con lui, ha inviato sulla terra il suo Santo Spirito con il compito di render ancor più bella e attraente la sposa. Perché lei è splendida. Ma porta tante macchie sul volto, molte rughe sulla fronte, parecchie graffi sul corpo.
Ecco la Pentecoste: l’invasione dello Spirito Santo per le vie del paese.


D’accordo: noi ci saremmo accontentati di un monolocale in affitto con una vasca idromassaggio, un angolo cottura e una tv al plasma. Forse ci sarebbe bastato un maquillage a fior di pelle, qualche ritocco estetico, due taglie in meno nei vestiti. Un piccolo ritocco restaurativo. Dio, al contrario, c’allarga lo sguardo sulle praterie celesti. Cioè eccede le nostre umane attese. Le soverchia. Ci pressa ad allargare il nostro orizzonte, l’immaginazione, lo sguardo. Perché, anche dopo la crudeltà dei massacri di questi giorni, a Lui sembra di cogliere una sinfonia di vecchie voci promesse e realizzate. Chi sa che non siano l’agnello e il lupo, o la pantera e il capretto, o la mucca e l’orsa che cominciano a far le prove della convivenza. Perché quello che nella pianura di Babele non s’era realizzato, nel cenacolo di Gerusalemme trova finalmente realizzazione. A Babele le lingue furono una privazione dei sogni – e la torre si bloccò a metà impresa – a Gerusalemme le lingue sono un dono per l’infinita possibilità di chiamare in mille modi lo stesso pane, la stessa onda che si sbatte sulla scogliera, la fuga della sabbia tra le dita del bambino. Per pregare in mille modi lo stesso Dio.
I discepoli sono figli della fantasia. I santi pure. Tu puoi essere figlio della Fantasia. Lo Spirito Santo: cioè la creatività, l’inventiva, l’estro, l’immaginazione. E noi passiamo una vita studiandole tutte per adattarci. C’è timore d’essere originali. D’essere figli di fantasia. Cioè figli dello Spirito. Ci vergogniamo d’essere i pazzi di Dio!
E la scusa è ormai datata: "lo Spirito Santo è improbabile da avvistare". Robe da matti: non vediamo più le realtà vicine. Pensa! Chi ha gli occhiali non vede le lenti, ma attraverso di esse vede tutto il resto.
Il giorno che ce ne renderemmo conto, scoppieremo a ridere.
O a piangere una giovinezza perduta.


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sabato 10 maggio 2008 - ore 07:45


Collaborazione con Il Vicenza
(categoria: " Pensieri ")


MEMENTO VIVERE
L’homo sbandatus

di don Marco Pozza
da Il Vicenza, sabato 3 maggio 2008, pag. 6

C’era un tempo in cui le tradizioni si tramandavano di padre in figlio, di generazione in generazione, di mano in cuore. La Scrittura stessa lascia in eredità vecchi racconti. E ripetendo quei gesti – che diventavano liturgie dell’esistenza – si rinfrescava il significato nascosto, la bellezza recondita, lo stupore delle origini. Tradizione era sinonimo di vecchie leggi, di aneddoti appassionanti, di pagine di storia vissuta.
Amare la tradizione significava essere affezionati alla vita della gente.
Era prestare la voce ai ricordi per tracciare un sentiero verso il futuro.
Ma quando le tradizioni non rievocano più le parole, perdono il significato. La bellezza. L’autenticità. Sono giorni che siamo spettatori attoniti di atti di noia che portano alla follia crudele: da Verona a Torino, passando per Roma e Reggio Calabria. Fino al nostro apparentemente tranquillo nord-est. Forse troppi rumori assordanti stanno rubando la voce alla vita, alla nostra coscienza. Ai nostri ragazzi. Un pestaggio mortale non è mai la sconfitta di un gruppo di persone: è un’unghiata all’intera società civile. E’ come sparare al cuore di un sogno: quello della convivenza serena delle giovinezze. Troppo presto abbiamo reso clandestino un discorso di fede: non perché falso, ma perché irreale. Ma con l’acqua sporca abbiamo gettato pure il bambino: cioè abbiamo gettato via la possibilità di regalare ai nostri figli un universo amico, una prospettiva di serena speranza, delle domande che accendessero la loro curiosità. L’homo sapiens è divenuto col tempo homo ludens per trasformarsi ultimamente in un homo sbandatus. Con grande fortuna degli psicologi: tutti a chiederci che risposte non abbiamo dato, che bisogni non abbiamo riempito, che tendenze ci sono sfuggite. Quando, forse, abbiamo volutamente dimenticato la cosa più semplice. E, quindi, più difficile: suscitare le domande nel loro cuore. Oggi a voler essere profeti, c’è un mantello da raccogliere: escogitare un piano per vincere questa sordità assordante verso l’esistenza.


Ci stiamo accorgendo che non basta più questo clima di superficialità dilagante e consenziente. Si necessita di cervelli che s’accendano, che inventino, che s’arrischino in imprese d’altri tempi. Dobbiamo ridestare l’immaginazione, la sensibilità, i sentimenti, la volontà. Ascoltare, come maratoneti nella gara della vita, le pulsioni del cuore, i battiti, le voci interiori. Il proprio mistero.
Perché l’acqua è sempre più fresca alla sorgente!


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venerdì 9 maggio 2008 - ore 09:40



(categoria: " Vita Quotidiana ")


MEETING DI POMPEI
"I giovani sono la mia scommessa sacerdotale"

di Francesco Candian
da www.korazym.org, sabato 5 maggio

Lo chiamano don Spritz: ha il nome di un aperitivo alcolico tipico dei padovani e motivo di incontro per migliaia di giovani nelle piazze di Padova che trasformano il momento da incontro a festa sfrenata. In verità si chiama don Marco Pozza, ha 28 anni, è di Vicenza ed è prete da 4 anni. Una storia e uno stile di comunicazione particolari, specie per quanto riguarda l’evangelizzazione dei giovani. L’anno scorso aveva fatto discutere il suo presunto allontanamento dalla diocesi, a causa di un atteggiamento, definito dal Giornale di Vicenza, "troppo esuberante e fuori dagli schemi". In realtà, don Spritz vuole semplicemente essere tra i giovani, lì dove vivono, a cominciare dalla strada. Ne abbiamo parlato con il diretto interessato a Pompei, a margine del XXII Meeting dei giovani di Pompei.

Ciao don Marco e benvenuto a Pompei. Sinceramente è una sorpresa trovarti qui: non eri previsto tra gli ospiti, come mai da queste parti?
"Su questo hai ragione e se mi consenti una battuta ti dico che nemmeno lo Spirito Santo viene mai messo in scaletta, eppure centra sempre e comunque. In verità è stata un’occasione che mi ha dato don Giovanni D’Ercole di scendere con lui per una meditazione sullo Spirito Santo e io l’ho voluta cogliere al volo".

E sei stato contento?
"Sono rimasto sconvolto per ciò che ho trovato. Sconvolto positivamente, sia chiaro. Ho trovato un fiume di giovani, saranno stati almeno 5000 stamattina, tutti accomunati dalla gioia di avere incontrato Cristo. Oggi è un grande giorno di grazia, perchè questi ragazzi credono che con il vangelo si può dare colore al plumbeo grigio del mondo".

Sei giovane. Cosa significa essere sacerdoti a 28 anni?
"Ci sono cose che non puoi descrivere semplicemente con le parole. Il sacerdozio è una di queste. Non puoi descriverlo, ma solo viverlo e testimoniarlo. Ce l’hai dentro, ti fa fare delle follie: ma sappiamo tutti che le follie del mondo sono la sapienza del Vangelo. Io non posso lamentarmi della mia vita: sono sempre stato un ragazzo fortunato, ma Dio ha saputo darmi oltretutto anche la grazia di essere suo ministro. Vedere dei ragazzi che quando parli di Dio si mettono a piangere è il segno più evidente che Cristo esiste e vale proprio la pena essere un suo ministro".




Ci sono difficoltà?
"Ci sono per tutti. Vedi, io credo che sarei stato un bravo padre di famiglia, perchè mi piacciono i bambini. La famiglia è amore, ma anche essere sacerdote è amore. Quando nella mia vita ho dovuto scegliere, ho capito che essere padre di famiglia mi avrebbe reso contento, ma essere sacerdote sarebbe stata la mia vera felicità. Ancora oggi mi viene la pelle d’oca quando ci penso. Non mi è mai capitata una sera in cui abbia detto: “Maledetto il giorno in cui sono diventato prete!”.

Parole forti le tue, specie se si pensa che in questi 4 anni hai avuto anche qualche problema per il tuo stile "rivoluzionario"...
"Non credo che il problema sia il mio particolare sacerdozio: il vangelo di Luca, quando racconta dei discepoli di Emmaus, ricorda che il vangelo è nato dalla strada e ha bisogno dell’asfalto e della polvere per crescere. Quando sono arrivato in parrocchia a Padova come sacerdote non ho fatto altro che cercare i giovani che non venivano in chiesa. Il fatto che ciò abbia creato problemi dovrebbe far riflettere: non sono io che faccio il prete strano, è la società che è strana e non riesce ad accettare una cosa semplice come l’andare incontro alle persone per ascoltarle. Ricordo che Don Giovanni Bosco ha iniziato incontrando un ragazzino per strada e chiedendogli se sapeva fischiettare, il ragazzino ha risposto che lo sapeva fare e don Bosco gli ha chiesto se poteva farlo per Dio. E guarda che avventura è nata. Magari ci fossero altri sacerdoti che la pensano come me: ci potremo mettere assieme e pensa a quante grandi cose potremo fare per la gloria di Dio. Del resto, è la fantasia dello Spirito Santo che chiede di rompere le barriere sociali della scontatezza e della quotidianità".

Sei stato definito un prete mediatico, capace di andare di fronte alle telecamere con molta disibinizione. Da Annozero a Mtv, fino ad un programma su Canale Italia: quanto è importante l’aspetto mediatico e quanto rischia di diventare una gratificazione per Marco più che per la sua testimonianza di sacerdote?
"Come ci sono sacerdoti a loro agio in un confessionale, così ci sono sacerdoti maggiormente a loro agio di fronte ad una telecamera. E’ una questione di sensibilità. Il rischio ovviamente resta grande da almeno due punti di vista: il primo è quello che accennavi, ovvero glorificare la propria immagine televisiva, anche se devo dire che se il Signore vuole la mia felicità non vedo perchè non dovrei essere soddisfatto di me. In secondo luogo, la televisione spesso da un’immagine distorta della realtà: ad esempio io sono stato battezzato dai media come don Spritz, ma il mio sacerdozio non scompare nel momento in cui non frequento più le piazze padovane degli spritz. Vedi, io sono un figlio spirituale di Giovanni Paolo II il quale ricordava di usare questo mondo per la glorificazione di Dio. Ogni cosa, dalla coca-cola alla televisione, è un mezzo che può essere utilizzato dai figli della luce per glorificare Dio.

Questa è la mia vera scommessa sacerdotale".


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mercoledì 7 maggio 2008 - ore 18:17



(categoria: " Vita Quotidiana ")


Te li presento tutti.
Dalla giovinezza alla vecchiaia
www.sullastradadiemmaus.net




E’ il Consiglio Pastorale di questa "parrocchia virtuale". A differenza di tanti altri ha potere esecutivo, non solamente consultivo. Da domani te li presento, uno ad uno. Partendo dalla giovinezza per arrivare alla vecchiaia.
Vengono da tante parti: da Bergamo a Forlì, da Milano a Lugo di Vicenza, da Calvene a Padova. Passando per Merano e terminando a Roma.
Dietro i loro volti si nasconde un incontro che Qualcuno aveva fissato per me. Il tempo di vederci, scambiarci due parole, condividere un sogno. E tutto è nato spontaneo perchè, senza volerlo, ci stavamo cercando.
Dai 6 agli 80 anni ci sta tutto l’arcobaleno della vita. Ci troverai ragazze bellissime e volti da incorniciare: d’altronde Dio è un fine intenditore di bellezze!
O meglio: nella bellezza mette nostaglia della Bellezza.
Te li presento.

*(Domani tocca ad Elena: la "ragazza immagine (e testa)" del mio sito)

Ti presento Elena
www.sullastradadiemmaus.net




Del mio sito è la modella: acqua e sapone, intelligente e sportiva, riservata, affettuosa e solare. Non è solo bella (scusa, bellissima): sa anche pensare, ragionare e sognare. Oltre che far arrabbiare Col suo arco tirato, la sua mira appuntita e i suoi libri di latino e greco sotto il braccio… si sta giocando alla grande la giovinezza. Come faccia ad incastrare tutte le sue passioni, è un enigma che mi rimane tuttora irrisolto. Soprattutto quando la vedi con la testa fra le nuvole. Apparentemente!
Il giorno in cui la feci incontrare con l’altro modello (che vi presenterò prossimamente) pareva si conoscessero da una vita. Segno che la formalità non l’annovera tra le sue clienti. L’ho voluta nella mia squadra di governo perché tante sere a casa sua ho trovato un posto a tavola. Un sorriso. Una porta aperta in mesi terribili. Motivo sufficiente per non cancellare tutto il passato.
Lei è Elena, ha 14 anni, frequenta il liceo classico e ha una vita da gigante davanti.
Se il buon giorno si vede dal mattino, sui suoi occhi splenderà presto il sole!

Ti presento Tiziana
www.sullastradadiemmaus.net


Incontri. La vita è un incontro. O, forse, una somma di incontri. Che Qualcuno fissa al posto tuo. Persone che, appena incroci, ti vien da dire: “Scusi, ma dove ci siamo visti?”. Quando, invece, quel sorriso non l’avevi mai incrociato. Questa foto nasconde un incontro. Sia io che lei eravamo a Pompei per conto di un Altro. Per parlare di Lui. Per cantare di Lui. Non ci siamo cercati.
Quando scende dal palco le stringo la mano e le faccio i complimenti. Dopo tre parole mi dice: “Sono innamorata di Maria di Nazareth”. M’è venuta la pelle d’oca. Alea iacta est!
Google mi ha aiutato a conoscerla: ha viaggiato per l’America e il Portogallo, ha cantato a Fatima, Lourdes e in Terra Santa. 10 cd all’attivo e un sacco di partecipazioni. Un fenomeno.
Mi son accorto che è anche bella. Come Elena. Allora ho capito che il mio Datore me le sceglie "in serie": potrei lamentarmi? Fallo tu al posto mio…
Lei è Tiziana Manenti, cantautrice di Bergamo: nel mio sito ha portato voce, musica e testo.
Il resto è classe. Costanza e intelligenza.

Ti presento Giovanni Fofa
www.sullastradadiemmaus.net



Dopo il suo nome non ci va il cognome. Ma il soprannome: è una vecchia legge di vita che si tramanda di generazione in generazione. Lo conobbi da bambino, lo incontrai da ragazzo, mi affezionai a lui a sacerdozio avvenuto.
Il giorno della mia prima messa lo vidi in giacca e cravatta: non lo riconobbi nemmeno. L’avevo sempre visto con la tuta da lavoro, gli scarponi ai piedi, il bastone da far roteare.
Nel suo viso - impreziosito di rughe a suggello di ottanta primavere – si nasconde la poesia semplice della mia amatissima gente di montagna.
Nella casa dove vive, è nato. E ci morirà. Perché l’ostrica s’affeziona allo scoglio sul quale la fortuna l’ha gettata!
Lui è Giovanni, 80 primavere e altrettante estati. Professione: malgaro in pensione. Del mio sito è il modello e il patriarca.
La moglie non è gelosa. Il motivo è presto detto: a maritarsi non ci ha mai pensato!

Ti presento I Piccoli Cantori di Merano
www.sullastradadiemmaus.net



Merano: teatro della prima impresa del mio amato Marco Pantani. Era il 1992: si partiva da Merano e si arrivava all’Aprica. Ma lassù adesso sono rimasti loro, i miei Piccoli Cantori di Merano. Capitanati da Anna, la maestra, e da Matteo, l’animatore, scrivono, incidono e regalano sorrisi ai bambini di un lembo d’Africa lontana. A febbraio hanno cantato davanti al Santo Padre in Aula Nervi: il giorno dopo l’Osservatore Romano li ha messi in centro pagina. Hanno scritto un libro di preghiere: la prefazione porta la firma di Giulio Andreotti. Uno che, in chiesa, ne ha apprezzato la dolcezza. Il più piccolo ha sei anni, la più grande 14: in mezzo abita la fedeltà creativa della giovinezza.
Siamo stati assieme quattro giorni. Quanto è bastato per pregare, cantare e sorridere. Mi hanno regalato i testi delle loro canzoni. Io li ho voluti nella mia “parrocchia virtuale” per un semplice motivo: nelle loro note respiri la semplicità evangelica.
Nel mio sito li troverai alla porta di un uomo meraviglioso.
T’aspettano per accompagnarti.
E stupirti!

Ti presento Gigi e Rita di Arte Foto
www.sullastradadiemmaus.net



Dio prima li fa e poi li accoppia. Se li senti parlare ti pare d’essere sulla spiaggia di Aci Trezza, in fonte ai faraglioni, ad ascoltare il Verga tutt’intento nel parlarti de I Malavoglia. Cioè parlano della vita concreta. Semplice. La nostra vita di lassù. Se entri nella bottega – uno dei pochi laboratori rimasti (assieme a quello di mio papà) dove apprendere cultura – ti fai una domanda: “Come si fa a fare quella foto”. Come si fa?! La risposta è nel genio. Nell’inventiva. Nella passione. Magari rimanendo appostati per ore e ore nell’attesa che la goccia, cadendo, accarezzi la superficie dell’acqua provocando una geometria di forme.
Hanno celebrato la Settimana Santa assieme ai miei ragazzi. Con una macchinetta in mano, la discrezione nei movimenti, il sorriso. Se guardi gli scatti intuisci che solo una persona in preghiera coglie la sfumatura di certi frammenti di secondo.
Loro sono Gigi e Rita Abriani di ArteFoto, abitano a due passi da casa mia e nel sito non sono i fotografi ufficiali.
Sono semplicemente maestri che mi raccontano vecchie usanze.
Raccomandando di non dimenticarle!

Ti presento Paolo, webmaster
www.sullastradadiemmaus.net



Chiesa strapiena di facce giovani. Mai messo piede: m’aveva invitato don Libero, parroco battagliero e indomito. Oltre che indomabile nella costanza.
Mentre tengo la catechesi noto un uomo con una telecamera. Con microfono. E cassetta di riserva. Tutto intento nella ripresa. Pensavo fosse stato mandato dalla Digos di Forlì.
Il giorno dopo scopro su internet che c’era la registrazione della lectio.
Cerco la sua identità su google. Lo chiamo per ringraziarlo della gentilezza. Parto da distante. Tanto distante. Lui capisce e mi dice: “E’ un onore per me costruirti il sito”. Che gioia! Per me.
Sono mesi che, rubando le ore alla notte (e ritardando qualche cena a casa), cerca di concretizzare nel web la mia fantasia irrefrenabile. E c’è riuscito alla grande.
L’attenzione, la professionalità e l’ingegno sono parte di quel “centuplo quaggiù” che ho trovato come regalo del mio sacerdozio.
Lui è Paolo Coveri, abita a Forlì (a due passi dalla riviera romagnola) e nel mio sito sarà il sacrestano-webmaster.


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mercoledì 7 maggio 2008 - ore 00:14


Collaborazione con Epolis Roma
(categoria: " Riflessioni ")


CON I PIEDI PER TERRA
Analgesici moderni

di don Marco Pozza
da EPolis Roma, mercoledì 7 maggio, pag. 6

Si fecero storia – oltre che immagine credibile e credente – i primi martiri dell’era cristiana. Erano i primi passi della chiesa nascente, i primitivi vagiti di un Amore sceso per calarsi nelle vene della storia, di un sogno chiamato a ri-svegliare l’umanità. Epoca snervante: il sangue e le graticole furono il pegno lasciato per non far sbiadire l’Amore. Non cedettero! Ancor oggi - dopo due millenni di storia, cadute e risurrezioni – il cristianesimo porta in se’ la convivenza con il martirio. Alla persecuzioni di Nerone, Domiziano e Traiano fa da controparte l’indifferenza religiosa. Un martirio moderno, sottile ma intenso: nel nostro tempo, a differenza dei primi secoli, ti lasciano parlare, raccontare, elucubrare nelle agorà dell’esistenza. Ma non ti ascoltano. Qualcuno lo si sente, ma pochissimi li si ascolta. Sottile persecuzione, questa: perché ti sembra di gremire le piazze, le chiese, l’anima per poi scoprire che è stato come succhiare la caramella che si da al bambino purchè faccia il bravo e taccia.


Qualcuno vedeva nell’innamoramento radicale la base della conversione a Dio. Della ricerca di Dio. Forse la superficialità sta anestetizzando questo sentimento: non lo lascia vibrare, sussultare, emozionarsi. Svaligiata l’interiorità, la si vede zittita da una sordità moderna, stretta parente degli analgesici. E l’anima non è più libera d’affezionarsi a Dio.
Non è morto Dio. E’ morta la percezione di una presenza.
Cioè è una questione di affetti. Non di intelletto!


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martedì 6 maggio 2008 - ore 08:16


Collaborazione con L’Altopiano
(categoria: " Vita Quotidiana ")


SAPOR D’ACQUA NATIA
Porco cane: mi ascolti o mi senti ?

di don Marco Pozza
da L’Altopiano, sabato 3 maggio 2008


Fuori dal Macrillo è tutto un via vai di macchine, di clacson e di cellulari che squillano. Di tacchi a spillo, perizomi e mini abiti in bella mostra. Da lodare il Creatore. Di fisici palestrati, pancette da limare in vista della tintarella e occhiate minacciose tra bande di ragazzi che tratteggiano i confini della “zona di caccia” notturna. “Generazione x” la battezzò una volta Gianni Boncompagni. Poi ritoccata in “Generazione Harmony” per tradursi ultimamente in “Mai dire Generazione”. Chi può dire di non aver investito due minuti del suo tempo per osservare il volto dei ragazzi davanti ad una discoteca? Certe nuove “cattedrali” custodiscono pure loro forme di liturgie da interpretare. Una fede da tradurre. Voci alle quali aggrapparsi per ascoltare i gemiti di un mondo vivace. A volte è più facile scorgere mamme che – ancora convinte della possibilità di essere le migliori amiche (sono mamme!) delle loro figlie – tentano maldestramente di imitarle. Ignorando che madre Natura ha i suoi ritmi-tempi-lineamenti stravolgendo i quali si causa grande imbarazzo. Alla risposta sul perché fosse bello essere giovani oggi, la risposta di una ragazzina non si fece attendere: “Essere giovani è portare i pantaloni bassi e vedere tua madre che ti imita e fa pietà”.


Nella “cattedrale del Macrillo” i fedeli che vi partecipano hanno il loro linguaggio: parlano con la musica a tutto volume, comunicano con i vestiti (perché le parole mancano), con gli sguardi e gli sms, con gli abbracci regalati, i baci dati svenduti, le mosse architettate sui divanetti. Con l’alcool ingoiato a fiumi, con i percing e i tatuaggi. Facce giovani che sono al naturale. Libere da ogni forma di appartenenza, di sottomissione, di rigore. Che, proprio per questo, ci sfidano con una domanda: “Sapete ascoltarci?”
Noi esistiamo veramente solo se qualcuno ci ascolta! Guarda che c’è differenza tra ascoltare e sentire. Sentire è un problema di acustica, ascoltare è un problema di cuore. Ascoltare è lasciare che le parole dell’altro cadano dentro di noi, nel profondo, nell’anima. Non si ascolta solo con le orecchie! Ascoltare è sedersi vicino. Concentrare l’attenzione su di lui. Non sbirciare l’orologio. Si ascolta con lo sguardo. Si ascolta con gli occhi. Si ascolta con le mani. Se tu ascolti, regali la possibilità di sognare. E i sogni spingono l’umanità. I sogni richiamano la pazzia. I sogni sono lo specchio dell’impossibile che diventa possibile. La storia parla chiaro. Il padre di Pascal gli nascose i libri di matematica. Il padre di Petrarca gli bruciò i libri di latino. Il padre di Strauss non voleva che il figlio studiasse musica. Il padre di Michelangelo voleva un figlio commerciante. Ma nessuno di loro abbassò il sogno. Forse i loro padri li avevano sentiti. Ma non avevano prestato ascolto alle loro passioni!
Sembra poca cosa l’ascolto! Ma nella vita le cose più grandi sono le più brevi e le più piccole. Non basta forse che uno spermatozoo si incontri con un ovulo, ambedue infinitesimali, per iniziare una nuova vita? Non basta forse un embolo infinitesimale per stroncare una vita?
Le chat, gli sms, le email, msn, Ipod e tutto il mondo virtuale sembravano l’antidoto a lungo cercato per ammazzare la solitudine. Oggi in internet si parla di “comunità” virtuale. Cioè di legami, di solitudini da vincere, di silenzi da spezzare, di orecchi a cui parlare. Di mani da stringere.
Non sparate sui sognatori! Ascoltateli, piuttosto.


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lunedì 5 maggio 2008 - ore 00:13


La Parola di Dio della domenica
(categoria: " Riflessioni ")


ASCENSIONE DEL SIGNORE
La convalescenza di Gesù

"In quel tempo, gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato.
Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo".

(Vangelo di Matteo cap. 28 vv 16-20)

di don Marco Pozza


Alla lavagna la Maestra scrive: “Deficiente e colto. Bianco e nero. Omosessuale ed eterosessuale. Montagna e mare. Bellezza e bruttezza. Stupore e indifferenza. Caldo e freddo. Amore e odio. Immaginazione e concretezza. Letame e stelle. Aquila e pollo. Sogno e delirio. Inventiva e ponderazione. Abitudine e innamoramento. Vecchio e giovane. Talento e inettitudine. Meraviglia e stupidità. Azione Cattolica ed evangelizzazione di strada. Passione e disamore. Altezza e profondità. Stravaganza e conformismo. Cielo e terra. Freddo e caldo. Stretto e slegato. Ad ogni sostantivo, bambini, corrisponde il suo contrario”.
Uno degli scolari della II^c elementare alza la mano e chiede: “E il contrario di presepio, qual’è?”.
La maestra pensa. Si gratta la testa, si sistema la gonna, nasconde la sua impreparazione. E, ridendo, scrive: “oipeserp”. Una bambina si alza, prende il gesso, cancella quell’idioma farabutto e scrive: “Ascensione”.
Il giorno prima la maestra aveva annotato sul suo libro nero: “la bambina della terza fila a destra è sempre distratta. Manifesta disinteresse completo verso la mia lezione”.
“Ascensione”. Ovvero: maestra, ha mai letto il Vangelo?


Ci aveva provato lei, ma a pensarci adesso era parsa proprio ridicola la mia maestra di catechismo. Ci parlava dell’Ascensione – a noi bambini che andavamo a catechismo col pallone nello zaino - aggrappandosi ad un sentimentalismo di vecchia data, ormai scaduto e stanco, ad immagini consunte, disuse, affannose: “Gesù, dopo aver tanto faticato, aveva il diritto di andarsi a riposare in Paradiso, dove anche noi, al termine del soggiorno in questa valle di lacrime…”. Bastava solo che ci facesse aggiungere in coro: “L’eterno riposo dona a tuo Figlio, Signore, splenda a Lui la luce perpetua. Riposi in pace” e il funerale era celebrato. Magari intervallato da qualche caramella per festeggiare l’attesa fine dell’anno di catechismo. Cioè l’Ascensione era, per lei catechista improvvisata, un periodo di “convalescenza” da passare in alta quota, dove l’aria è salubre, gli infermieri gentili, la struttura ospedaliera adatta. Un Gesù in versione paziente. Che succedeva, in ordine cronologico, al “no global del Tempio”, al “falegname del cielo”, al Gesù “testa inclinata a destra”, all’Harry Potter biondo di Nazareth”, al “Muccino di Tiberiade”. E noi bambini ascoltavamo incoscienti! Forse dubbiosi!
Dubbiosi al pari degli apostoli che, rannicchiati sulla cima di quel monte, assistettero in presa diretta alla scalata verso il cielo del loro Gesù. Matteo, evangelista per conto Terzi, sintetizza il tutto con un verbo pesante: “Essi però dubitarono”. Cioè non credevano. Forse – spinti dalle onde lontane di quel mare amico – prostrati a terra si sentivano dire: “Ricorda Pietro, il Maestro ti ama e tu pascolerai le sue pecore. Ricorda, Giovanni, che hai messo il capo sul suo costato e hai raccolto il battito di un cuore strano. Ricorda, Tommaso, che hai dubitato perché volevi vederlo. E adesso che l’hai visto non vuoi perderlo mai più. Ricorda, Filippo, che chiedesti di vedere il Padre. Ricorda, Giacomo, quell’improvvisata impresa edile sul Tabor: tre tende da montare in un batter d’occhio. Ricorda, Matteo, quel banco delle imposte abbandonato per Amore. Ricorda, don Marco…” Come dire: “Ricordate e partite”. Ricordi tristi, pesanti, improvvisati macigni su spalle troppo gracili per reggerli.


Forse era meglio la Croce: almeno lo potevano guardare e toccare, imbalsamare e ungere, adorarlo e parlargli. Piangere, attendere, sperare. Perché se presepio significa “fare siepe”, muri, stelline e spiagge di muschio attorno a quel Bambino per imprigionarlo in una festa che richiama la nostra infanzia, con l’allegria dei nostri ricordi raccontati attorno ad un camino acceso… oggi ci pensi, ti chiedi: dove sono, a cosa sono serviti tutti quei presepi? Quel Bambino, diventato maggiorenne, è scappato! Inutile nasconderlo: avremmo preferito pure noi un dio che restasse imprigionato dentro le nostre zolle, magari anche un dio di pietra come i vecchi idoli pagani, a cui tingere la fronte, ballare attorno, imprecare, sognare, ripartire. Un Dio da esporre in Chiesa per la raccolta delle offerte, a cui intitolare un campetto perché il nome “tira gente”, un Dio da tirare in ballo in ogni occasione: politica, religiosa, pastorale. Un Dio - manichino versione “miele ambrosoli”. O, a scelta, “mulino bianco”.
Invece Lui scappa, per insegnarci a scappare! Il tempo di vederlo sparire che due uomini, vestiti di bianche vesti, iniziano a provocare i discepoli, a farli riflettere, a spingerli fuori: “Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo?”. L’aveva detto prima di partire: “Andate, dunque, e fate miei discepoli tutti i popoli”. Noi abbiamo tradotto: “State qui e ammaestrate tutte le genti”. Cioè lo abbiamo tradito appena partito. Ci siamo messi giacca e cravatta, abbiamo inforcato libri di elucubrazione, siamo saliti sulle cattedre, sui pulpiti, sui palchi. Abbiamo interrogato e spiegato, messo i voti e bocciato, condannato ai lavori forzati e spalancato bocciature. In nome suo! Peccato avesse raccomandato l’esatto contrario. Cristo li spinge fuori, li lancia all’avventura, li vuole all’assalto del mondo. Con l’amore. Loro (noi) vogliono star lassù, ripiegati nei loro patronati, nascosti nelle liturgie fumose, negli abiti sopraffini e ingessati. Sotto l’ombra del campanile. A chiacchierare, sussurrare, zigzagare nei ricordi appassiti. Lui li voleva dentro le strade, dubbiosi ma coraggiosi. Titubanti ma innamorati. Impauriti ma feroci nell’amore. Fragili, ma scelti da Lui. Per Lui. Con Lui.


Invece, mentre parlava, si sentì dire: “Signore, è questo il tempo in cui ricostituirai il Regno d’Israele?”. Altro che attesa di cielo: chiedevano risultati, impazienza, successo immediato. Forse avrebbero dovuto chiedere (dovrei chiedere) di rimandare la scadenza. Perché mi sento ancora impreparato. Non ho imparato a sufficienza la lezione. Non mi sento pronto. Dammi qualche altra ripetizione, Signore. Tu sei un Maestro unico, io uno scolaro “ritardato”. Invece da pecore si trasformarono, in un batter di ciglio, pastori. Scolorando la bellezza della loro chiamata!
Così lo persero di vista. Perché non capirono che il suo era stato uno scherzo: salire al cielo per nascondersi ovunque nella terra! Bastava scendere, abbandonare l’oratorio costruito sul monte, e rischiare. Bastava questo e lo avrebbero trovato nelle brughiere spazzate dal vento, nei fienili sconosciuti divenuti locande improvvisate, sui crinali delle montagne, sotto il letto o sui tetti della città. Negli occhi della gente. Di Carmelo, il pescatore. Di Bernardo, l’assassino. Di Giulio, il politico. Di Antonio, il vescovo. Di Luigi, che ha smarrito la ragione. Voleva stupirli: saggiando prima la loro fiducia.
Fu così che tra gli uomini l’Ascensione divenne tristezza.
Tradendo la sua originaria sorpresa celeste.


Scrive G.R.Kirkpatrick: “L’uomo è un essere dotato di due estremità: una su cui sedere, una su cui pensare. Il successo e il fallimento dipendono da quella usata di più”. La novità del mondo attuale è che per aver successo è meglio usare la prima delle due estremità.
Esagero?

"Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo"
GOD BLESS YOU!
Buona settimana



ANNIVERSARIO
Nonostante tutto...buon compleanno!


Reverendissima Azione Cattolica. Confesso che mi piacerebbe rivolgermi a lei con l’aggettivo carissima. Ma non ci riesco ancora. Anche se qualche volta ci tento, glielo assicuro.
Stamattina dal settore XVI del Carcere Regina Coeli a Roma sento urlare in Piazza San Pietro. Chiedo lumi e scopro che stanno festeggiando il suo compleanno. Mi voglio congratulare con lei: 140 primavere - e altrettanti autunni - non sono pochi. Un onorato traguardo.
Le giungano le mie scuse se in tutti questi anni non le ho mai dimostrato affetto. O, meglio, simpatia. Ma lei, onestamente, ricorda che da bambini non ci siamo mai cercati. E nemmeno amati. Mi fermavano sotto il campanile per offrirmi una tessera alla stessa maniera con cui al nonno chiedevano di rinnovare quella degli Alpini. Non mi diceva nulla. La chiamata al sacerdozio l’avvertii altrove: in sella ad una bici, sulla polvere della strada, su sentieri di fantasia. Con preti di frontiera. Per questo, a sacerdozio avvenuto, preferii il profumo e l’imperfezione della strada alla simpatia e professionalità dei Tackle. Certamente avrei avuto vita più semplice scegliendo lei come procuratrice: ma alla mia coscienza devo obbedire. Questo non mi esime, però, dall’augurarle educatamente buon compleanno. Unito ad un grazie per il bene che ha fatto.
Lunga vita, ancora!

Senza accanimento terapeutico, però!

Un sacerdote extra-AC


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domenica 4 maggio 2008 - ore 07:26


Collaborazione con Il Mattino di Padova
(categoria: " Riflessioni ")


SULLA STRADA DI EMMAUS
Andate in tutto il web e predicate il Vangelo

di don Marco Pozza
da Il Mattino di Padova, domenica 4 maggio 2008

Il vecchio e saggio Eraclito ingabbiò la sua saggezza in un’espressione: “Panta rei”. Oggi dovremmo ri-aggiornarla: “Panta rei veloce”. Corre veloce anche la comunicazione oggi. Corre così veloce che la Chiesa, in occasione della giornata delle comunicazioni sociali, la vede “tra protagonismo e servizio”. Nella domenica dell’Ascensione al cielo del Rabbì di Nazareth , Pietro e compagnia bella sognavano di rimanere a fissare il cielo, come bambini a seguire la traiettoria degli aquiloni. Cristo, invece, ordina loro di partire e annunziare. Cioè di rischiare in nome suo. Andate: inizia l’avventura! Ardua, sempre più ardua. Un manipolo variopinto di umanità lanciata a conquistare il mondo con la Parola. Una stravaganza divenuta storia di salvezza, àncora di felicità, motivo di trepidazione. Andate! E’ più che un compito: una missione, una lotta, un martirio! Dovranno scendere nelle profondità dell’antico pozzo della memoria: è qui che l’orizzontalità della terra si fa apertura verticale e il cielo si affaccia con lo stupore di un bambino per cercarne le radici indovinandone l’essenziale.


Andate e comunicate: l’invito a gridare dai tetti ciò che s’è incanalato nelle orecchie. Comunicare, ovvero l’arte delicata di far passare l’emozione di uno sguardo, di un sospiro, di un gesto. Di un frammento di Vangelo! “Non abbiate paura! Spalancate le porte a Cristo!”: parole di un comunicatore innamorato venuto dall’est. Per troppo tempo come chiesa ci siamo chiesti come comunicare il Vangelo in un mondo che cambia. Ed elaborando la risposta - a volte servono due pontificati (meglio se decennali) - ci stiamo accorgendo che il mondo è già cambiato. Sotto i nostri occhi. Della strategia comunicativa di Cristo cos’abbiam capito? Scorrono gli anni, ma le prediche si fotocopiano. Si ingialliscono. Perdono la voce, il profumo, la potenza. Cristo si ri-aggiornava di notte pregando e collaudava di giorno ascoltando: parlava il linguaggio della gente. Partiva da loro: per arrivare in alto. Oggi partirebbe da un blog, magari scriverebbe un sms, un’email. Ci darebbe appuntamento nel suo sito internet, aprirebbe un forum, lascerebbe un podcast. Scriverebbe un murales, un graffitto, una poesia. Certo: perché l’uomo era la sua passione. Conoscerlo il suo sogno. Amarlo l’investimento più azzardato.
Metterebbe in rete la sua umanità. Perché, dopo due millenni di tentativi, il sogno rimane lo stesso: pescare uomini.
Magari nel mare di internet stavolta!
Anche lì ci sono uomini con le reti tristi dopo notti infruttuose di pesca…


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