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Grezzo, 25 anni
spritzino di Blackwood (suona meglio di Bosconero)
CHE FACCIO? uso motoseghe Stihl
Sono sistemato

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STO LEGGENDO

"La regina dei castelli di carta" Stieg Larsson

HO VISTO

Litri su litri tra Mala Strana e Stare Mesto. E gli occhi della mia ragazza dietro al bicchiere

L’oceano seicento metri sotto di me alle Slieve League
I riflessi ambra scuro della black stuff
L’oro Bulmers
Un manto di stelle alle Aran

e molte altre magie...

Combinata nordica
Salto
Hockey femminile
Fondo 4x5 staffetta
Free Style
Curling
Biathlon
Casa Russia
Casa Olanda
Casa Sassonia
Casa Turingia
Casa Canada
Casa Italia
Casa Svizzera
Hockey Land

insomma, the OLYMPIC WINTER GAMES OF TURIN 2006
The PARALYMPIC WINTER GAMES!

Easy Rider (sempre)

Braveheart (sempre)

tanti western























































































Il capitan Jack Sparrow torna sempre!!!





















Il pianeta che cerca di ribellarsi

Una serie di infami menzogne sulla Tav. Sarà dura!

La magia di Parigi, le prospettive del Marais.
Un po’ di tramonti a nordest
L.
Draghi sulle alpi

Dei docenti universitari farmi i complimenti e farmi dottore!

Gli occhi di G. nella notte, salutarmi, con una promessa.
Un abbraccio e una promessa mantenuta

Il cherokee infangatissimo affondato nella neve uscire da lì rombando! (in realtà non l’ho visto, io lo guidavo)

La Val Varacho sota la fioca. Ombra mordicchiare correre e abbaiare

Zente speciale a una cena speciale

Vasco

Lou Reed, bevendo sambuca del discount

Bruce Springsteen

STO ASCOLTANDO

Metal, country, blues, folk soprattutto

AC DC
Accept
Aeroplanicadono
Agalloch
Allman Brothers Band
Amaral
Amon Amarth
Ana Johnsson
Angelic Upstart
Antichrisis
Arab Strap
Arbe Garbe
Assalti Frontali
Attila
Avantasia The Metal Opera
Babazula
Bad Manners
Bad Religion
Balentes
Banda Bassotti
Barbara Morgenstern
Bathory
Bauhaus
Bierpatrioten
Bit-Nik
Black Sabbath
Blind Guardian
Blonde RedHead
Blue Vomit
Bob Seeger
Brooks & Dunn
Bruce Springsteen
Bud Tribe
Cappanera
Catharral Noise
CCCP
Ceca
Charlie Mingus
Cher
Children of Bodom
Clash
Claudio Bisio
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Coro Bajolese
Corvus Corax
Cradle of Filth
Crazy Etilic Band
Creedence Clearwater Revival
Cruachan
Crucified Barbara
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Dario Zampa
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Dark Tranquillity
Davide Van De Sfroos
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Die Apokalyptischen Reiter
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e Zezi Gruppo Operaio di Pomigliano d’Arco
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Edguy
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Eluveitie
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Fabrizio De Andrè
Fahrenheit 451
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Finntroll
Frankie Hi NRG mc
Franti
Fred Buscaglione
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Giorno di Paga
Gipo Farassino
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Gli Atroci
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Tyr
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VillaAdaPosse
Vintersorg
Warlock
Willie Nelson
Woptime
Wu Tang Clan
XMal Deutschland
Youngang
ZZ Top
etc...

ABBIGLIAMENTO del GIORNO

grezzo!

ORA VORREI TANTO...

l’Harley sotto il culo



STO STUDIANDO...

il manuale d’uso della Stihl

il regolamento dei Timbergames

robe native

OGGI IL MIO UMORE E'...

Guardo in faccia al vento, e resisto

FEDERALISMO!

PIEMONT LIBER!



FRIUL LIBER!



Ottimo! Grazie a chi mi ha scritto: "Per quanto può valere l’opinione di una micro-bionda, sappi che sei il giusto connubio tra palle, cervello e sensibilità."

e anche grazie alla magica Laura, che mi scrive "e ti stavo scrivendo che a te vorrei solo raccontare di colori, di profumi, di fiori, di treni e di e di autobus in partenza, di cose belle" una delle più belle cose che mi siano state dette

boicotta la festa in discoteca sostieni la sagra
comitati combattenti di base per la vittoria finale di coste e vin rosso

Al Grezzo importa:

della fratellanza, della lealtà
dell’onestà (verso se stessi e verso altri esseri umani che lo meritano)
della coerenza
del vedere i miei amici felici
del far star bene le donne che stanno con me (il Grezzo ama molto le donne)
dell’ambiente violentato
della Juventus
del mangiare e bere bene
del far palestra la mattina poco dopo sveglio
dell’imparare più cose possibili
della bella musica che merita, crederci e diffonderla
delle bionde, le rosse, le more, le verdi all’occorrenza
di viaggiare
di molte altre cose

Il Grezzo detesta (ed essendo animale istintuale attacca):

radical chic di varia sorta
chi picchia donne, bimbi, animali che non possano difendersi (perché certe donne e certe bestie si sanno difendere eccome!)
la finanza (gdf)
l’aumento dei prezzi (in specie del gasolio)
Fiorentina, Milan, Torino, Inter
chi non ha firmato il protocollo di Kyoto
chi mantiene il sistema clientelare ovunque
chi potendo installare su casa un impianto a celle non lo fa
la programmazione della tv italiana
i registi di film intellettuali (con riserve)
le forme di prevaricazione
molte altre cose

Ma il Grezzo non brilla per lungimiranza, quindi forse sbaglia molte cose


ORA VORREI TANTO...



ORA VORREI TANTO...



ORA VORREI TANTO...







PARANOIE


1) doversi alzare da sotto il piumone alle 7 di mattina in pieno inverno

MERAVIGLIE


1) il sesso
2) svegliarsi accanto alla persona che si ama


Libero pensiero, bevute, viaggi e idee


Uomo del nord, spirito celtico, ombre nostrane


il canavesano dagli occhi di ghiaccio


Live to Ride








io bevo




somewhere on a desert highway


non c’è biker senza bikier




quant chi lin par sagre




cittadino onorario di Campodoro





Create your own visitor map!

LIGA FRONTE DIFESA BAR RUSTEGO


I’m ruder than you

io son per le piccole patrie, l’autonomia, il federalismo, le alpi libere


l’importante è una certa classe e zero cogniziòn


non puoi cavalcare due cavalli con un culo solo


Eventi & Convivi


www.paolovalperga.com





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SONDAGGIO: SONDAGGIO INTELLIGENTE


Se me rompi i maroni, cossa go da farte? a scelta:

ti apro il volto con la motosega (Stihl, mica cazzi)
ti fracasso la testa con la mazza ferrata
ti squarto con la mia spada
ti passo sopra con la jeep un po’’ di volte
ti aro (tu al posto della terra)
ti cavo gli occhi con le dita

( solo gli utenti registrati possono votare )

giovedì 30 aprile 2009 - ore 11:48


Pulenta e galena fregia
(categoria: " Vita Quotidiana ")





Per quelli che il cielo dall’autostrada è un quadro di guerra e nuvole e montagne innevate, per quelli che il camino lasciato acceso è bello anche alla fine di aprile, quando fuori tira un vento assassino e il termometro non vuole salire. Per quelli che basta un pezzo di terra e un raggio di sole per essere felici. Per quelli che dodici giri di grappa son troppo pochi, tredici porta sfortuna, allora facciamo quindici che è un numero tondo. Per quelli che la mattina dopo si curano il mal di testa col rombo della motozappa stihl. Per quelli che si fanno le due parlando di spit placche e fenditure. Per quelli che la montagna la affrontano diversamente ma tutti la amano come una donna. Per quelli che un pezzo di cuore l’hanno lasciato in giro per il mondo. Ed è quasi bello sentire che ti manca qualcosa e sapere che lo ritroverai solo in un luogo lontano. Per quelli che non smetterebbero mai di viaggiare. Per quelli che l’aeroporto è una seconda casa, e gli viene voglia di una casa vera, coi fiori alle finestre e senza aria condizionata. Per quelli che un martedì sera vanno a sentire il Davide ed escono belli felici. Per quelli che chissà forse mi prendo un cavallo. Per quelli che sicuro prima mi prendo un cane. Per quelli che si commuovono quasi col catalogo 2009 della stihl. Per quelli che detonano la weiss artigianale prima di berla. Per quelli che mordi il freno e via a lavorare che siamo fatti così. Per quelli che “mio figlio è andato a fare il circense per passione e noi gli passiamo duemila euro al mese”. Per quelli che un figlio così gli passerebbero duemila calci in culo al mese. Per quelli che è giusto seguire i propri sogni ma senza la pensione anticipata. Per quelli che di sogni ne hanno tanti e forse pochi si realizzeranno. Per quelli che ancora ricordano con una lacrima trattenuta un risveglio in una Lignano fredda. Per quelli che sentir il suono della propria lingua nelle proprie valli ha sempre qualcosa di magico. Per quelli che mangiano bross alle dieci di mattina e chi cazzo se ne frega se puzzeranno di aglio la sera. Per quelli che il malbec a Venezia è meglio della benzina. Per quelli che se avessero i soldi aprirebbero diecimila attività. E poi quando gli chiedono “cosa fai?” non saprebbero dar risposta. Per quelli che la password a lavoro è verderame. Per quelli che la terra fresata passata tra le dita è una poesia. Per quelli che il vento li accompagna sempre, anche quando l’aria è ferma.



Pulènta e galèna frègia
e un fantasma in söe la veranda
barbèra cume’ petròli
e anca la löena me paar che sbanda...
cadrèga che fa frecàss
e buca vèrta che diis nagòtt
dumà la radio sgraffigna l’aria
e i pensee fànn un gran casòtt....

L’è mea vèra che nel silenzio
dorma dumà la malincunìa
l’è mea vèra che un tuscanèll
l’è mea bòn de fa una puesìa
in questa stanza senza urelògg
bàla la fata e bàla la stria
in questu siit senza la lüüs
che diis tücoos l’è duma’ l’umbrìa....

E scùlta el veent che pìca la pòrta
cun in cràpa una nìgula e in bràsc una sporta
el diis che g’ha deent un el regàal
me sa che l’è el sòlito tempuraal....
E scùlta i spiriti e scùlta i fulètt
che ranpèghen söel müür e sòlten föe di cassètt
g’hann söe i vestii de quand sèri penènn
i ne vànn e i ne vègnen cun’t el büceer del vènn...

E la candela la sta mai ferma
e la se möev cumè la memoria
anca el ràgn söe la balaüstra
ricàma el quadru de la sua storia
la ragnatela di mè pensèe
la ciàpa tütt quèll che rüva scià
ma tanti voolt la g’ha troppi böcc
e l’è tüta de rammendà....

La finestra la sbàtt i all,
ma la sà che po’ mea na’ via
e i stèll g’hann la facia lüstra
cumè i öcc de la nustalgìa
in questa stanza senza nissöen,
vàrdi luntàn e se vedi in facia
in questa stanza de un òltru teemp,
i mè fantasmi i làssen la traccia.....




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giovedì 16 aprile 2009 - ore 10:36


Climbing is a state of mind
(categoria: " Vita Quotidiana ")





Camminavo tra asfalto e lattine, là dove la città scivola lenta nella campagna, e i viali si fanno paludi, le case si fanno basse e crepate, ingiallite dal tempo e dal cattivo gusto. E l’aria sapeva di plastica bruciata e ragù, e in cielo grigio e azzurro lottavano per conquistare il diritto a far da manto a quella deserta periferia. Camminavo e camminavo, e i campi lasciavano il posto a boschi prima radi poi sempre più folti, e a pendenza, rocce, luci tra le fronde. E camminavo ancora e la strada si faceva di ghiaccio, e le mie scarpe inadeguate scivolavano, arrancavo, ma volevo andare avanti. Il cielo nero minaccioso, l’odore freddo dei ghiacciai, il vento come spada sulla pelle del viso. Tutto sembrava volermi fermare. Poi da un crepaccio vidi salire, aggrappato a un bastone, un vecchio del mio popolo al di là del mare, portava un paio di braghe di pelle consumate, e mocassini leggeri. E mi guardò negli occhi, mi sorrise. E senza parlare disse tutto. E vidi prati distrutti per costruirci città. E vidi laghi ribollenti di scarichi. E vidi alberi triturati in mostruose macchine mangia foresta. E vidi uomini liberi costretti in catene a schiacciare pulsanti. E vidi uomini schiavi ridere in auto di lusso. Poi il vecchio sorrise ancora, e lasciai i miei vestiti, presi da lui un paio di braghe di cuoio e degli stivali, mi unsi di grasso per sopportare il freddo, e avevo un falco tatuato sulla schiena che prese il volo, e assieme eravamo parte di un solo grande elemento. E il cielo si fece terso, e il vento accompagnava i pensieri. E nell’aria il profumo dei ciliegi a primavera accarezzava ogni cosa. E mi sedetti lì, fumando un sigaro dolciastro, passandolo al vecchio, guardando la pianura sotto con gli occhi del passato, e tutto era splendido. Poi il vecchio aprì bocca, e la sua voce era la voce di tutta la gente del suo popolo assassinata, dei bambini strappati alle loro famiglie, dei guerrieri umiliati. “Lo vedi come sarà? Se tu e poi un altro, e un altro ancora, e altri ancora lo vorrete, sarà così”.
Mi piacerebbe poter dire che cap. Verderame è nato così, invece è semplicemente stato investito da una cisterna di poltiglia bordolese mentre cercava di salvare i pomodori dalla perfida peronospora, il suo nemico naturale. Il quasi affogamento nel verdastro blu elemento ha acuito i suoi sensi e il suo “rompimento enorme di maroni” (sua definizione). E ora s’aggira tra Alpi e pianura padana a ramare i cattivi. Ovunque un uomo scarica rifiuti tossici nel torrente, ovunque un grande magazzino o azienda non fa la differenziata (ogni riferimento a dove lavora l’autore è puramente casuale), ovunque un allevatore chiuda le sue bestie nelle gabbie, ovunque un boscaiolo tagli senza rispetto. Lì c’è cap. Verderame con la sua tanica purificatrice. E gli stivali di gomma. E le braghette stracciate (d’estate), la salopette della beta utensili (d’inverno). Cap. Verderame vi invita ad aggiungere elementi al suo “rompimento enorme di maroni”



Arrampicate tutti, è un buon consiglio, e bevete tanto vino rosso, e santificate questo nostro nord alpino distrutto dalle teste di cazzo. Ipse dixit. Anzi no. Grezzo dixit.

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lunedì 9 marzo 2009 - ore 11:57


The Antrim’ curse
(categoria: " Vita Quotidiana ")





Han versato del sangue su ad Antrim. Venti minuti prima delle dieci. Han versato del sangue, di nuovo. Sangue di ragazzi forse inermi e innocenti. Sangue di ragazzi che si son fatti conoscere con le pallottole di gomma, il carcere per delazione, le torture, le persecuzioni, gli stupri, beh, bravi ragazzi. E anche se il sangue non è una grande soluzione, io non li condanno, e forse un po’ li capisco. Perché per me i bravi ragazzi non portano la divisa con l’union jack, ma passamontagna e giacche verdi e sogni di libertà. Non è la mia guerra, ma è una guerra che sento mia, anche se non amo nessuna guerra. Perché lassù mi son sentito bene, perché all’MT Pocket’s ho respirato il calore di un luogo chiamato casa. Perché sulle Aran il cielo stellato mi ha fatto capire molte cose. Perché nell’Atlantico guardato attraverso un bicchiere di sidro si vede l’infinito.
Perché son sempre gli stessi, son quelli che arrivano mettono le caserme e rubano la terra. Son quelli che pensano di essere migliori di te e ti imprigionano per educarti. Sono i professori che ce l’hanno con te perché rispondi a testa alta. Sono le ronde che picchiano un ragazzo solo perché ha i capelli tagliati nella maniera sbagliata. Sono la folla che incita i boia contro una ragazza in cima a un rogo, e la apostrofano strega strega strega. Sono i preti cattivi che con la morale degli impotenti voglion raddrizzare il mondo (poi ci sono anche i preti buoni, ma li mandano via, mediamente). Sono il burocrate feroce, l’inquinatore, il costruttore selvaggio. Son i cattivi. E noi siamo i buoni, forse, spero. Buoni con la testa malata, con troppo alcol nel sangue, con cicatrici e segreti e rimpianti e tristezze e allegrie, e corse, arrampicate, viaggi, sorrisi, botte, risate. Vita. Vogliam poi solo vivere tranquilli e liberi. E anche se sembra strano, se a me sembra quasi impossibile, magari la tranquillità, le felicità, passan attraverso le fucilate.
Una pinta alzata agli amanti d’Irlanda, e una alle streghe, e una alle montagne.






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lunedì 23 febbraio 2009 - ore 09:57


Istanbul tanz
(categoria: " Vita Quotidiana ")





Negli occhi rimane il colore di mille spezie, e il grigio livido del mare quando il cielo si fa scuro. E profumi e voci e movimento si accalcano tra i pensieri. Un po’ di cuore si lascia a Bisanzio. Un po’ di Bisanzio parte con chi se ne va. E una stanza di Torino diventa Oriente nel profumo di the. E il dolce penetrante delle baklava rimane nei ricordi e sulle labbra.
Istanbul è il mar di Marmara gonfio di cargo petroliere pescherecci fragili barche di legno cacicchi. Il cielo solcato da gabbiani corvi colombi e minareti. Le vie straboccanti di genti diverse negozi profumi odori colori locande venditori di tappeti gatti. Istanbul è dodici milioni di persone che vivono addossate l’un l’altra, con pochissimo verde ma tantissima umanità. Istanbul è il traffico caotico accompagnato dalle sure cantate dei muezzin. Istanbul è attraversare il mare, ed esser su un altro continente, nello spazio breve di qualche pensiero. Istanbul è il cibo venduto per strada a ogni angolo, è i milioni di sigarette fumate ovunque, è il profumo di mela dei narghilè. E’ la voce continua che grida “çay, çay, çay”. Istanbul è il succo di melograno che colora di rosso lingua e pensieri.
Istanbul è un bimbo antico migliaia di anni, che divide il suo pane con un cane randagio.
Ma si deve pur tornare. Anche se è un’eventualità che mi piacerebbe spesso evitare. Rifiutate il junk food di alitalia. Grazie al caz che fallisci, si mangia molto ma molto meglio su Lufthansa.
Oggi non so bene cosa fare, se una ronda o dar fuoco a qualcuno. O starmene a pensare che tra un po’ ricomincio a lavorare al solito posto. E fanculo la modestia: ho una laurea, mi occupo di geopolitica e storia del pensiero politico, ho una certa preparazione in antiquaria e valutazione di stampe e libri d’epoca. E cucino anche bene. E non dimentichiamo una certa classe ma zero cognizion. Ma smonterò cartoni e farò le gare coi trans pallet. Non siamo una società civile. Punto. Tra poco si ricomincia con l’orto. Almeno lui mi dà soddisfazione, dalla terra veniamo, da lei traiamo nutrimento, a lei torneremo. Sarebbe sempre bello tenerlo a mente.
L’Islanda copre quasi tutto il suo fabbisogno elettrico senza emissioni inquinanti. Ha ottimizzato i trasporti. Sarebbe da andarci di corsa. Il fatto che sia andata dal culo però non invita più di tanto. Senza sgheis e in freezer? anche no.
Cap. Verderame ha deciso di aggiungere al suo armamento una picca di frassino. Di questi tempi non va più di moda la motosega, meglio gli inquisitori e gli autosdafè.



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sabato 7 febbraio 2009 - ore 11:49


My road of ruins
(categoria: " Vita Quotidiana ")





Ci son strade che camminarle fa paura, che vorresti solo esser sulla moto e correr via, lasciando una nera striscia come firma su quell’asfalto nemico. Strade con fabbriche deserte desolate cassintegrate. Strade con negozi locali gente che ride che scherza che si mostra. Io son per le prime. Io son per i posti deserti, dove un sorriso è vero e il sangue scorre quando deve. E vedi il brillar d’una lama e non c’è nessuno. E hai paura. Ed è l’istinto che prende il sopravvento, e il respiro si fa sibilo e gli occhi fessura. E sei belva pronta a scattare. E la lama cade senza rumore sull’asfalto morbido, e tutto è finito. Guardi avanti, ci sarà un’altra strada da correre. Ci sarà un’altra alba da aspettare con la birra in mano e il cuore che arde e fa male. E il toscano acceso a illuminare l’ultimo buio della notte. E a volte il bar più bello lo trovi, a volte, proprio in mezzo a quei deserti di statali paesi chiusi da dentro campi sotto la neve rotonde circonvallazioni. E una luce. E una panca da sentir casa almeno per un po’.
Sto cercando un telaio e un bicilindrico. Voglio farmela io. E finchè ci sarà benzina da bruciare, voglio correre.
Ho perso molti dati, scritti, foto, pezzi di vita in un incidente informatico. E’ un colpaccio, non pensavo. Ho visto The Millionaire che è un gran bel film. Tra un po’ parto per Istanbul, in attesa di tornare in Irlanda. Tra un po’, spero, ricomincio a lavorare.
Ho voglia di farmi un po’ di bicchieri con Luca, di abbracciare Laura, di vedere la felicità negli occhi di Marzia. Ho voglia di ubriacarmi di IPA all’Ox. Ho voglia di volare nella notte con ali nere. Ho voglia di piantare un albero e segare un palo della luce. Ho voglia di vedere il sole nel gelo, e sorridere di felicità.




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martedì 13 gennaio 2009 - ore 09:48


Spara Jurji, poi ricarica e spara di nuovo
(categoria: " Vita Quotidiana ")





Dicono che nevicherà ancora, e sarebbe bello, sarebbe bello che venissero giù metri e metri di neve, e bloccassero tutto, e stringessero in una morsa di gelo i moncler e i giubbottini a la page, e le mini cabrio e i capelli ingellati. E ad aprile, al disgelo, cadaveri sgelati correranno sui fiumi, per raggiungere la cloaca mediterranea che tanto si addice loro, e nutrir triglie e naselli. Chi dentro è un partecipante ai timbergames, un biker, uno serio insomma, si godrà la neve ridendo e bevendo, senza alzare un dito per aiutare i surgelanti (coloro che si stanno surgelando). Al massimo chiamando una nota multinazionale (findus) per proporre un nuovo prodotto: bocconcini di tete de cas glacè. E si ghiaccerà il gasolio nelle grosse berline, e si ghiacceranno i pensieri nelle piccole testine. Nessuno noterà la differenza. Cioè, ci sarà meno traffico.
Siam gente che l’ha sempre amata la neve, che dona la vita al disgelo, che irriga i campi e le foreste, ha molta più importanza che quella di esser materiale da sci. E le nevicate di quest’anno pare anche che daranno una boccata d’ossigeno ai nostri ghiacciai, resi sempre più striminziti dagli scarichi del mondo. Ne hanno bisogno. Sulla Marmolada vogliono costruire un mega albergo, a proposito di ghiacciai. Ecco, un’ottima idea devo dire, davvero bella. Ma impiccatevi a un pilone di cemento progettisti del cazzo! (a un albero no, loro gli alberi li abbattono, oppure metton le palme, ed è arcinoto che è un casino impiccarsi a una palma. E anche che le palme sulla Marmolada sono flora autoctona recuperata, mi par cosa ovvia). ‘Tenti che capitan Verderame se la prende, adesso se ne sta buono buono al bar con la sua grappa in tazza grande e il toscano spento tra le labbra, ma la boccia del rame e, soprattutto, la stihl sono lì, calde, pronte a far giustizia.
Possibile che non entri in testa alla gente che la situazione albergo diffuso, con recupero di materiali, tempi, tradizioni locali è molto ma molto meglio, e non danneggia ma fortifica. Dicono che porta un turismo troppo di nicchia. Eccheccazzo, che vadano a sharm gli altri! Che noi nella nicchia si sta francamente benissimo.
Annotazioni casuali: in questa nazione ridicola è bello sapere che quando vai in un grande magazzino, per esempio di articoli sportivi, gli addetti son praticamente tutti laureati. Si alza il livello, così sembra. Giovanni Lindo Ferretti disse: il rohypnol fa casino se mescolato all’alcol, viste le sue ultime posizioni, aveva perfettamente ragione. Giù a Gaza si tirano l’un l’altro, ma far come cap. Verderame e andare al bar no? La Groenlandia è di fatto indipendente dopo un referendum, è stato sovrano, sponsorizzato bofrost? In Alaska una sentenza ha condannato i gesuiti a pagare un sacco di milioni di dollari a due gruppi Inuit di cui, negli anni passati, avevano sistematicamente abusato. Dei nativi molti si erano suicidati (suppongo con colpo in bocca o simili, che a quelle latitudini gli alberi per impiccarsi latitano). La chiesa ha pagato e ha messo tutto sotto silenzio. E bravi voi che andate tutti a genuflettervi alla domenica. Ma attenti a come vi genuflettete, che se passa il gesuita è un attimo, zack!
Prosit cari! Mescete e meditate! E pregate tanto per cap. Verderame, che è un uomo di spirito (spiriti e alcoli vari) e ne ha tanto bisogno. Lui vi ricorda sempre nei suoi brindisi.

Val del Lys oltre gli alberi, luuuuuuunga esposizione



I’m decisamently in love with her



Prospettiva Mirafiori



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domenica 28 dicembre 2008 - ore 11:13


Tra Triglav e Gran Paradiso
(categoria: " Vita Quotidiana ")





Fa davvero un freddo porco, si ghiacciano acqua, sangue e pensieri in questo selvaggio west alpino. I motori crepano, le mani si aprono, i fuochi crepitano e gli osti si arricchiscono. Sempre la stessa vecchia storia. Vien voglia solo di starsene davanti al camino (acceso) con un bicchiere in mano (pieno), e cercare di scacciare il gelo e il freddo che attanagliano cuore e ossa. E vorresti poter volare, essere come quelle bestie artiche, non patire il gelo, e volteggiare sulle montagne che sono ciò che hai scelto di amare, di essere. Volare sugli impianti di nuova generazione che violentano i prati, sulle dighe, sui tralicci, sui nastri d’asfalto, e dall’alto, con un fulmine, distruggere tutto, e lasciare soltanto il manto bianco e le borgate coi camini fumanti. Tornare indietro nel tempo. Tornare avanti nel tempo. Perché verrà, dovrà venire un mondo diverso, dove lo spazio si misurerà con le ore di cammino, e il tempo col sole, e la vita nelle cicatrici e nelle parole di chi ti vuole bene. Mah, forse son solo speranze vane.
Trovo sinceramente detestabile l’arco di tempo che si snoda tra il 24 dicembre e il 2 gennaio, di tutti gli anni. Vorrei fare come quel papa che nel Quattrocento o giù di lì ha cancellato quindici giorni dal calendario. Ecco. E so di non essere il solo.
Noi bestie selvatiche siam maltrattate in questi tempi feroci, costretti in gabbie retribuite dalle 14 alle 20, abbagliati da luci assurde, orecchie diritte per jingle e grida e petardi e motori che rombano inquinano grippano (è l’ineluttabile destino del motore del coglione. Povero motore). A volte annusiamo l’aria, e tra diossina e metalli pesanti ci arriva un refolo di vento che porta profumi delle nostre valli, delle cascate ghiacciate, delle foglie marce sotto la neve che danno la vita per la primavera, della legna che brucia in una vecchia stufa di ghisa, del mais che si gonfia nel paiolo, dell’odor di selvatico del ciuffo di pelo di cinghiale sulla sua pista. E ci coglie quella voglia irrefrenabile di lasciare tutto e andare, mollare la divisa, i computer, la macchina, le luci e sparire, nel ventre d’un bosco, tra le forre, dove nessuno verrà a cercarti. E poi si resta lì, con in mano uno sci (rima dovuta) si sospira, e una preghiera s’innalza oltre ai neon e al cemento, spiriti aiutateci, aiutate noi ultimi che crediamo in voi.
Voglio il mio locale, cazzo! E in montagna. Mica facile trovar soci e appoggi sapete? Mica facile no! Boia…

A li’l bit of snow



My land by the highway






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venerdì 19 dicembre 2008 - ore 09:53


Castig del signur
(categoria: " Vita Quotidiana ")





Ma in che mondo del cazzo viviamo? Ci pensavo l’altra notte, mentre studiavo vie alpinistiche prossime venture. Mondo davvero del cazzo, contornati da troppi vuoti a perdere, senza identità alcuna, sorretti dai loro vestiti firmati, dal gel e dalle visa. Con un colpetto appena di motosega si possono abbattere. Come si dovrebbero abbattere le luci di natale tutte. E infilarle, immaginate dove, negli assessori che le han deliberate (accese, sia chiaro). Al di là che mediamente fanno schifo, al di là che a me personalmente danno in testa, il problema è che consumano un sacco di energia senza servire a niente. A niente.
E le vetrine rigurgitan merci, le commesse ammiccano per contratto, gente gareggia a chi si brucia più in fretta i soldi che non ha. Ho assistito a questa scena: una donna stava acquistando, per un regalo, una macchina che cubetta il pomodoro per le bruschette. Ditemi: ma a che cazzo serve? Sì, per cubettare il pomodoro, ok, ma resta inutile. Anche perché il pomodoro dovrebbe essere sfregato sul pane abbrustolito e agliato, non depositato ivi a tocchetti. Pretagliati con apposito arnese. Lo dissi e lo ripeto, vorrei trovare il modo di saltare a piè pari fin diciamo il 3 di gennaio. Così per il gusto di veder la gente che si rovina coi saldi. Eh sì perché su cento acquirenti vorrei davvero sapere quale percentuale acquista qualcosa che gli serve. Bassa, ve lo assicuro. Lavorare in un grande negozio non fa che esacerbare la rabbia e lo schifo verso un certo tipo di gente. Decisamente in maggioranza.
Giù in Grecia la gente si dà da fare seriamente. Mica come gli scioperi del cazzo a queste latitudini. Gente seria solo NOTAV, Coldiretti e simili.
Una guida alpina con cui avevo fatto un corso è morto in montagna, una manciata di giorni addietro, salendo con le pelli un posto pericoloso, assieme a tre compagni più pazzi di lui. Questa notizia è stata molto triste per me, ma hanno sfidato la montagna, e lei si è vendicata. So che c’è sempre il rischio, perché lassù percepisci la potenza e la debolezza assoluta, e quando il piccolo uomo sale la grande montagna, prende un po’ della sua potenza, ma deve saperla controllare, se no colei che gliel’ha donata se la riprende in un giorno d’inverno, sotto una valanga, o d’estate in una forra coi rovi. E’ come una donna bellissima, dolce e crudele al contempo, che ti tiene in pugno. Una donna che ama uomini con le barbe lunghe, sudati e con braccia muscolose. E che si nutron di pane e salame su di lei e la solleticano correndole addosso. Gusti strani, devo dire.
Un abbraccio speciale ai biker e ai rampichini. E uno speciale altrettanto alle amiche, e agli amici, ma a loro più veloce.




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giovedì 4 dicembre 2008 - ore 10:48


Cap. Verderame’s back!
(categoria: " Vita Quotidiana ")





Rainbow over Krk

Lo so chi sei. Io ti conosco. Uomo bastardo che lanci la pietra e nascondi la mano. E dileggi il vicino con fare da villano. E spiani la foresta per tirar su le tue villette, e giochi con i cani come fosser marionette. E ti lamenti se ti portan via la mano. O sbranano tuo figlio, poi ti guardan innocenti da coniglio. E li accarezzi con la mano che ti resta. Mentre con l’altra firmi, cambiali su cambiali. Carte del divorzio. E ti faresti la piscina anche se stessi in Alaska. E guidi come un pazzo gonfio della droga peggiore. E sorridi se ti ferma il brigadiere e lo guardi come un fesso, non può fare niente se sei gonfio di te stesso. E sputi nella mano che ti tende il mendicante. Voti il partito che ti fa sentir vincente. Sempre e comunque non importa. E punti i piedi se ti mettono alla porta. E tratti le ragazze come fossero regine, ma le vorresti le tue schiave, perchè porti di nascosto il tuo fiero armamentario, di corde di catene di cera e un sudario. Per nasconder tutte le tue malefatte, sotto nella terra. Con le scorie nucleari. Con le scorie chimiche. Coi veleni della ditta messi sotto al capannone. E poi ti riconverti. E diventi azienda agricola. E fai il peperone al gusto di monomeri. E poi li mangi perchè sono biologici, e li vendi a prezzi da gioiello. Ma crepa. Uomo bastardo tu non vali niente. Con la tua auto sportiva tu non vali niente. Con la tua villetta a schiera tu non vali niente. Con la ditta riconvertita tu non vali niente. Crepa. Una curva presa male. Bastava la parola. Nemmeno a morire c’hai messo troppo stile. Morto come tanti. Come tutti sotto terra, in mezzo alle tue scorie. Crepa.
Venuta di getto mentre non dormivo stanotte, causa occhi sbarrati da riprese in notturna, e lo schermino lcd della camera fa l’effetto del monitor del computer, e resti sveglio. E avevo anche lavorato troppo. Ci dovrebbe essere un limite legale. Di ore da donare in cambio di denaro.
E avrei voluto salire io sul palco ieri, e sbatter giù a calci la gentaglia che suonava canzoni operaie, per una platea di dirigenti pubblici in pensione con ricordi stanchi di rivoluzione. Voi non avete mai lavorato. Bastardi.
E aprono le piste da sci, migliaia di persone si riversano dalle code al centro commerciale alle code allo skypass, vestiti più o meno uguali. Qualcuno si sbaglia, e alla cassa del carrefour ha gli sci ai piedi. Svuotano le tasche per neve spesso finta. Bene, e qui sta il problema: la neve artificiale. Ne avevo già scritto, ma ripeto, tanto nessuno ascolta (a parte i fedeli lettori, che so anche che son d’accordo). La neve artificiale, robaccia chimica, scende nel terreno e ammazza tutte, dico tutte, le erbe di montagna. Quindi d’estate bei prati gialli. Quindi terreno che si sfarina. Quindi possibili frane. Ecosistemi alpini che vanno allegramente a puttane. E tutto questo per far raccontare in ufficio il lunedì le prodezze da Hermann Maier da uno che neanche a spazzaneve scende un baby. Ma ha gli sci da 800 euro.
Quest’allegra banda di rampichini, montanari e bestie selvatiche di varia sorta, incazzati come bisce, ti ringrazia sentitamente, anche a nome delle Alpi, dei boschi e delle volpi.
Propongo il taglio della mano per gli inquinatori di primo livello (tipo chi non fa la differenziata). Il taglio delle mani per il secondo livello (non fa la differenziata e anzi, butta apposta la plastica nella carta). Taglio di mani e piedi per il terzo livello (no differenziata e ditta che scarica rifiuti nella natura). Taglio di arti tutti per il quarto livello (politiche inquinanti). Taglio di tutto quello che sporge per il quinto (scorie nucleari e chimiche in un paradiso naturale). La morte no, perchè siam gente civile e moderna.
Ipse dixit Grezzo giovedì mattina. Un inchino ai lettori. Un abbraccio agli amici. Un impiccati ai nemici.



Fog in Vajumna





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venerdì 21 novembre 2008 - ore 11:47


Kann ich nicht mehr schlafen, kann ich nicht mehr essen...
(categoria: " Vita Quotidiana ")





Noi che guidiamo la mattina nella nebbia, mani salde al volante e musica bassa, e aspettiamo soltanto la svolta che ci porti in un mondo lontano e fatato, un mondo con equilibri e fisica diversa, un mondo di boschi laghi montagne. Noi che i bianchi al mercato coperto celano significati profondi. Noi che ci guardan sempre male e cambiano parte del marciapiede e le madri ci additano e i padri ci additano, e a volte anche i nonni. Noi che non vogliam esser esempio per nessuno, ci basta sopravvivere, e sentire il suono dei cilindri che gridano, della spina che non si ferma mai, del jack che scende nelle gole. Noi che ci troviam bene con le bestie, che siamo un po’ bestie, un po’ tanto, ma con qualche doccia in più sulle spalle. Noi che ci sarà sempre un posto ancora aperto per il bicchiere della staffa, ma le staffe sono due, e poi ci sono anche le briglie, e al cavallo, povera bestia, non glielo dedichi un brindisi ancora? Noi che le battiamo tutte ma proprio tutte le sagre, come archeologi praticanti di un passato che ritorna. Noi che quella luce sulla statale vuol dire un tavolo di legno, un bicchiere e guardare i camion che passano rombando. Noi che sotto alle montagne ci sentiamo a casa, e sopra le montagne ci sentiamo cullati dalla madre violenta alpi natura che ammazza e accarezza, e crepa la pelle di gelo e di caldo, e sangue sui palmi, e forza che scorre nelle vene. Noi che tutto ciò che viviamo vogliamo abbia un senso. Noi che in un disegno troviamo l’infinito, e il principio, e la fine, e mille mondi immaginati che affiorano alla mente dai ricordi di vite vissute o forse solo immaginate. Noi che non c’è niente di male ad abbattere a fucilate chi abbandona un cane. Noi che c’è solo di bene a rovinare di calci chi prova a toccare una ragazza che non vuole. Noi che asfalto cemento e terra sono la realtà. Noi che un pomeriggio diventa un momento per sempre, per uno sguardo, per un’espressione. Noi che prato della valle diventa Finlandia in solo battito.



Per di là io sono a casa. E siete voi che mi fate sentire a casa. E voi sapete chi siete. Grazie vecchi (chi più chi meno), grazie davvero. La grande parte dei miei brindisi sono per voi. E le falene volteggiano nei sogni e nelle notti più scure.





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