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venerdì 19 dicembre 2008 - ore 09:30
A.A.A. NUOVO GARZANTI CERCASI
(categoria: " Riflessioni ")
Strana la lingua italiana. A qualcuno sembrerà forse che il vocabolario della lingua italiana sia fin troppo grande, anzi lungo più che grande. Quante sono le parole contenute all’interno di un comune dizionario? 50 mila? 100 mila? Beh amici, le ho contate. Mi stavo annoiando a morte, non avevo nulla da fare, in TV non davano nulla che un normale essere umano potrebbe desiderare di vedere e così ho preso il buon vecchio vocabolario di italiano Garzanti e ho iniziato a contare le parole in esso contenute. Alla parola ABOMINEVOLE sono svenuto per l’eccessivo stress mentale, sbattendo la testa contro lo spigolo della scrivania e riportando una leggera ferita (13 puntini di sutura) sopra l’arcata sopraccigliare destra. Una volta tornato dal pronto soccorso ho acceso il pc, ho effettuato l’accesso a internet, ho digitato "numero di parole nel vocabolario italiano Garzanti" nella pagina di Google, e il secondo link apparso mi ha informato che suddetto dizionario contiene la bellezza di 130.000 lemmi e accezioni. Bene. Sono tante eh? Beh, a me non bastano! Dico sul serio, non bastano cazzo. Non sto dicendo che son poche, anzi. Quello che voglio dire è che MANCANO PAROLE FONDAMENTALI, mentre ce ne sono un’infinità che non servono a nulla, tipo miriadi di inutili sinonimi e altre parole che probabilmente soltanto l’1% della popolazione italiana conosce, il quale 1% è costituito per il 98% da Nerds. Sto dicendo che nella nostra lingua non esistono delle parole che sarebbero invece utilissime nella nostra vita, nei nostri dialoghi, che potrebbero aiutarci in moltissime situazioni. Penso soprattutto a parole che esprimono sentimenti, sensazioni, stati d’animo. Quante sono le sensazioni che proviamo durante una giornata, quante sfumature diverse, quanti strani e nuovi stati d’animo, e non è possibile ricondurli semplicemente alle solite note parole di cui tutti abusiamo continuamente: vergogna, rabbia, gioia, imbarazzo, gelosia, delusione, stupore, esaltazione, invidia, smarrimento e poche altre ancora. Non bastano, non mi bastano. Certo, possiamo sempre ricorrere ad abili e a volte difficili giri di parole (a coloro che hanno gravi difficoltà nell’esprimersi e nel trovare le parole adatte consiglio di chiedere aiuto a Mogol) per cercare di spiegare le nostre sensazioni al partner/amico/animaletto domestico che ci sta ascoltando. Oppure possiamo rimanercene semplicemente zitti, in silenzio, ad ascoltare la nostra mente, a leggere il nostro animo, per decifrare questo nuovo, bizzarro, incredibile sentimento che ci pervade. Vi è mai capitato di litigare furiosamente con qualcuno, dicendo anzi urlando cose che nemmeno pensate, e andarvene via sbattendo la porta, per poi mettervi al volante e guidare per ore lungo strade sconosciute: e intanto ripensate a tutte le parole che son volate nell’aria, ai movimenti che hanno fatto le vostre mani, vi mordete la lingua per le cazzate che avete sparato e annuite con sguardo fiero nel tentativo penoso di convincervi che avete ragione, quando sapete benissimo che avete la vostra bella fetta di torto (non torta) marcio, e fate zapping frenetico con le stazioni radio perchè non trovate una canzone adatta, mai che mettano su esattamente il tipo di musica che vorreste sentire e in auto avete soltanto CD di Pupo e di Cocciante e non avete la benchè minima voglia di ascoltare la musica di quei due nani, e solo in questo momento vi rendete conto di aver preso la macchina di vostra madre la quale probabilmente vi starà maledicendo perchè deve assolutamente andare in centro commerciale a comprare il tonno ma non sa guidare la vostra auto e perciò sta tentando da due ore di telefonarvi ma voi avete il cell in modalità vibro e non lo sentite perchè è nella tasca del giubbotto, e quando lo tirate fuori il display vi informa che avete 47 chiamate perse e 13 brevi messaggi di testo facendovi sfuggire una lieve imprecazione. Allora vi fermate (è finita la benzina), scendete dalla macchina, prendete una lunga boccata d’aria e vi chiedete: come mi sento? E non sapete rispondere, perchè non esistono le parole GIUSTE che possono esprimere il vostro stato d’animo! Ma questo è soltanto un esempio, ne avrei a centinaia.... ....quando riesci a ricucire i rapporti con un vecchio amico con cui non parlavi più da tempo, quando non riesci più a trovare l’orologio che ti aveva regalato tuo padre poco prima di morire, quando decidi di non ripararti dalla pioggia e non sai perchè, quando ti accorgi che qualcuno che conosci prova invidia nei tuoi confronti, quando fai qualcosa di sbagliato e riesci a farla franca, quando ti prendi i meriti per qualcosa che non hai fatto, quando vedi un bimbo piangere e non riesci in nessun modo a farlo smettere... E anche ora, dopo aver perso quasi mezz’ora per scrivere queste righe, mentre la pioggia continua a picchiettare il vetro della finestra e la radio diffonde le note morbide di un malinconico Chris Martin, non saprei esprimere con una parola quello che provo. Ma stavolta me ne starò zitto.
Non tutti i buchi escono con la ciambella
(categoria: " Accadde Domani ")
Meno otto signore e signori. Vi restano solo 8 giorni per fare tutto quello che avete sempre pensato di dover fare almeno una volta nella vita prima di morire. Perchè solo 8 giorni? perchè, per chi ancora non lo sapesse, il 10 settembre in Svizzera verrà realizzato un simpatico esperimentino scientifico che rischia di far diventare il nostro pianeta un ex pianeta. A circa un centinaio di metri sotto il suolo svizzero hanno costruito una gigantesca struttura chiamata Large hadron collider (avete letto "Angeli e demoni" di Dan Brown? beh, se non l’avete letto avete 8 giorni di tempo per farlo) simile a una centrifuga che permetterà di accelerare e far scontrare fra loro particelle atomiche ad alta velocità generando temperature abbastanza altine: più di un trilione di gradi Celsius. Questo acceleratore, che ovviamente è costato una bazzeccola (6 miliardi di euro, quisquilie), permetterà quindi di ricreare le condizioni che c’erano un istante dopo il famoso big bang, e dovrebbe quindi rivelare il segreto di come è cominciato l’universo. Fin qui tutto bene. Bello. Utile. Dobbiamo ancora scoprire dov’è finito Bin Laden e come fanno i ragni a tendere un filo di ragnatela fra la cima del campanile e il manubrio della mia bicicletta ma pazienza, possiamo aspettare. Lasciamo che si divertano questi simpatici pazzerelloni del Centro di Ricerche Nucleari di Ginevra. Facciamo pure sbattere una contro l’altra queste povere particelle kamikaze e vediamo che aria tirava al momento del big bang, così potremo finalmente avere la conferma che non c’erano le condizioni ideali per fare un bel giro in barca. E poco importa se qualche altro scienziato teme, tuttavia, che l’esperimento potrebbe creare un mini buco nero che crescerà di dimensioni e potenza fino a risucchiare dentro di sé la terra, divorandola completamente nel giro di quattro anni. Tecnicamente vi resterebbero quindi 4 anni e 8 giorni di vita, a meno che non vi troviate abbastanza vicini al ghiotto buco nero da farvi ingurgitare con tanto di ruttino di approvazione. Se dunque non possedete una navicella spaziale ma siete abbastanza bravi da tenervi il più possibile alla larga dal buchetto oscuro potete campare altri 4 anni, anche se temo che non riuscirete a vedere le olimpiadi del 2012.
15 minuti, quindici per sessanta novecento secondi per dire qualcosa, forse non dire nulla, perdere solo del tempo, far scorrere le lancette fino al fatidico momento di chiudere baracca e uscire dall’ufficio tuffandosi ancora una volta in un we estivo che promette bene e vorrei non fossero promesse da marinaio. Non marinavo mai la scuola, spesso ci penso. Ero sfigato? Forse sì, ma a volte starsene direttamente a letto anzichè chiudersi in un fumoso baretto per 5 ore ad aspettare l’una per poter tornare a casa mi sembrava l’idea più saggia, mamma permettendo. Fa caldo. Ma io ho sempre un po’ più caldo degli altri, che sia perchè ho il sangue più caldo? Oppure è più freddo..non l’ho mai capito, e in fondo chi se ne importa. Cervello in stallo, buoi nella stalla. Posso? Zi, buoi. Sei raffreddato? Me ne sto seduto per terra con la barba lunga e una lametta in mano, pensando se sia il caso o meno di radermi al suolo. Sembrerebbe una buona idea, ideale per chi non ha ancora capito cosa vuole fare veramente nella vita, oltre a guardare Scrubs e mangiare Girelle Motta. Pausa. Piccola. Pausini, con Marco che non è ancora tornato, sarà nelle Marche a vendere marche da bollo, bello come lavoro, oro, disse la vacca sotto al toro, nonostante lui non avesse un uccello 24 karati. Ho fatto karate, per 20 giorni, poi mi ritirai. Mancano 20 secondi alle sei. Mi ritiro. Notte.
com’è difficile trovare l’alba dentro all’imbrunire
(categoria: " Riflessioni ")
Il mio maestro non me l’ha mai insegnato. Anzi la verità è che io un maestro non l’ho mai avuto. E non c’è nessun interruttore da premere, nessuna spina da attaccare. Notte fonda senza luna, buio pesto. E allora vaghi come un’ombra fra le ombre, a piccoli passi, arrancando come un vecchio animale ferito, ansimando impaurito temendo di cadere da un momento all’altro in una fossa profonda e nera. E ignori che non puoi più cadere, perchè già ti trovi sul fondo della fossa, e più giù di così proprio non puoi andare. E’ verso l’alto che puoi trovare una via di uscita. Diamine, se solo alzassi gli occhi al cielo.
è uno di quei giorni
(categoria: " Vita Quotidiana ")
Oggi è uno di quei giorni particolari, strani, che mi capitano molto raramente, all’incirca ogni tre mesi e mezzo, cioè meno di quattro volte l’anno. E’ uno di quei giorni in cui farei tutte le cose che solitamente non ho voglia nè/o tempo nè/o coraggio di fare. Oggi andrei a radermi a zero. Per esempio. Ma non solo. Avrei voglia di presentarmi a casa del vicino (con cui in 30 anni avrò scambiato sì e no una dozzina di parole, il 90% delle quali era "Buongiorno" o "Buonasera") con una torta di cioccolato e chiedergli come va il lavoro, cosa pensa del nuovo governo Berlusconi, come se la passa la nonna all’ospizio, come sta il vecchio cane che tempo fa ho investito con l’auto. Sì, vorrei scambiare due chiacchiere con lui. Ma avrei anche voglia di indossare la famosa mantella invernale che non ho mai osato portare. E quelle orribili scarpe comprate al mercatino l’ultima domenica di un mese primaverile di molti anni fa, quelle che andavano di moda una volta e ora non mi piacciono più, e che ho preso solo perchè mi ricordano tempi migliori. Oggi farei l’autostop e mangerei un’insalatona, cose che non faccio praticamente mai. Ho voglia di ascoltare le ouvertures di Rossini e di ballare il flamenco, di guardare un film muto e scrivere una lettera di protesta contro la mancanza di bagni pubblici a Liettoli, Pegolotte e Cantarana. Oggi tiferei Inter per sentirmi uno sfigato e farei qualche scherzo telefonico come facevo 20 anni fa, fingendomi un pompiere, o un assicuratore, o Giancarlo Magalli. Oggi, non so perchè, lascerei il rubinetto gocciolare, entrerei in casa senza pulirmi le scarpe, starnutirei con gli occhi aperti e andrei dal dentista a farmi trapanare un dente sano. Solo perchè il mio dentista ha delle bellissime riviste in sala d’attesa. E c’ha anche una bellissima Ferrari in garage, sto farabutto. Io non ho nemmeno il garage. E vorrei il garage solo per costruire una stanza sopra il garage in cui ospitare Fonzie. Oggi mi sento Richie Cunningham.
Capisci che stai invecchiando quando la ragazzina che lavora in gelateria ti dice "Buonasera" quando entri e "Arrivederci" quando esci. Sai di aver sbagliato quando non riesci a reggere lo sguardo dello specchio. Ti senti solo quando sei in mezzo alla gente e riesci a sentire solo il ronzio sommesso dei tuoi pensieri.
Son passati mesi dalle ultime righe di inchiostro, eppure appoggi nuovamente la penna e ti abbandoni al divano, fra un disco di Cammariere e un sorso di Gin tonic, chiedendoti che fine abbiano fatto tutti i tuoi buoni propositi. Orfano di sogni vaghi in vestaglia nella notte percorrendo i lughi corridoi bui che conducono al vano, triste, ineluttabile capolinea. Non c’è tempo per i rammarichi, non c’è spazio per il perdono, non oggi, non in questo mondo. E lo sapevi, lo sapevi, esisteva un giorno in cui sapevi già tutto. Poi la pagina era ritornata bianca, come se qualcuno l’avesse immersa in un secchio di vernice.
E solo adesso capisci che quel fiore che avevi raccolto così facilmente ora non sai più come tenerlo in vita.
Le cose cambiano, si trasformano. Qualcosa viene dimenticato, qualcosa tralasciato, qualcosa perso. Ma nulla viene distrutto, secondo una sorta di "principio della conservazione di tutte le cose": nulla può essere distrutto, ma ogni cosa semplicemente si trasforma cambiando colore, dimensioni, forma, a volte anche la propria essenza. E nellintrico dei collegamenti invisibili di tutte le cose non possiamo vedere come le nostre decisioni influenzano le variazioni mutevoli dei nostri affetti, dei nostri ideali, delle nostre necessità. Unindecifrabile ragnatela collega tutte le sfere della nostra vita, e un qualsiasi pur minimo cambiamento genera una reazione a cascata di cause-effetto che si manifesta con rapide micro-trasformazioni di cui non possiamo e non vogliamo conoscere le conseguenze. Per fortuna la vita non è ancora riducibile a un mero calcolo combinatorio. E così posso indossare un vestito nuovo, cambiare lavoro, prenotare un viaggio, lesionarmi il menisco e appendere le scarpe al chiodo, cancellare una mail e rifiutare un contratto editoriale. Ma cosè davvero cambiato? Cosa è rimasto immutato e cosa ha veramente cambiato la sua identità? Ripenso a quandero solo un bambino e la felicità era indossare il pigiama e sentire che era caldo perchè la mamma laveva messo sopra il radiatore. E ora il pigiama non lo uso nemmeno più.
Ore. Ore che scorrono a velocità diversa sull’onda di pensieri imprigionati in un’enorme centrifuga e costretti a rincorrersi vorticosamente assumendo un unico colore indefinito. Qualcuno che soffre. E allora pronti a snocciolare frasi retoriche e pacche sulla spalla, a ricordare a lui e a noi stessi che, come sempre, il tempo aggiusta ogni cosa. Ma non è retorica la risposta che ricevo, ironica e per niente scontata: “magari lo vendessero..”. La mia mente si accende, prova a interpretare le 3 semplici parole: se vendessero il tempo lui ne comprerebbe un po’, per ritrovarsi in un futuro quanto più possibile lontano dal dolore di un presente che non trascorre mai, di un oggi che fatica così tanto a diventare domani, in cui ogni pensiero è pesante come un macigno, in cui ogni ogni cosa reale implode lentamente riducendosi a quel punto infinitesimale che è la causa di questo dolore e regredendo all’istante in cui il vaso di pandora si è aperto, come un oscuro e irreversibile big bang. E non si può tornare indietro, non esiste colla per riattaccare i cocci dell’anima, non esiste rimedio contro questo malessere che si diffonde nelle ossa, contro questa inquietudine che fa sparire il sorriso come una nebbia fitta che nemmeno il sole riesce a diradare. E allora non resta che aspettare, restando in piedi in un angolo ad osservare la propria vita che scorre, senza più un senso, a chiedersi dov’è finito tutto quanto, a chiedersi quando alzarsi dal letto non sarà più una fatica così immensa. In fin dei conti non chiedi molto, perchè adesso l’unica cosa che vorresti è chiudere gli occhi e non pensare. Vorresti solo dormire, dormire fino a domani, di un sonno senza sogni, e vorresti che domani fosse già oggi, e che da ieri a oggi fossero passati già due mesi, un anno, tre anni. Vorresti soltanto comprare un po’ di tempo. Se solo ne vendessero un po’..
guardare senza vedere
(categoria: " Riflessioni ")
E’ così difficile convincersi che a volte basta un leggero cambio di prospettiva per vedere tutto in maniera diversa. Molto diversa. Quello che visto di fronte ti sembrava un quadro completo e chiaro ora, osservato da un’angolazione diversa, ti appare parziale e oscuro, e rivela nuovi e impensabili dettagli. Me ne sto seduto placidamente sulla riva del fiume ad osservare il lento fluire dell’acqua, e non riesco proprio a immaginare che sotto la superficie piatta ci siano mulinelli, turbinii, moti vorticosi. Se infilassi la testa nel fiume potrei vedere un mondo nuovo a me del tutto ignoto, e per questo ancor più affascinante. A questo punto la domanda da porsi è la seguente: vale la pena bagnarsi i capelli e, considerando che siamo in pieno inverno, rischiare di prendere un brutto raffreddore? Qui sta ad ognuno di noi capire quali siano le nostre priorità, e in questo caso capire se per noi sia più importante la salute o la conoscenza. Forse aveva ragione chi diceva che bisogna dare un nome alle cose: devo dare un nome a ogni pensiero, a ogni dubbio, a ogni sfumatura diversa di un sentimento indecifrabile che provo. Chiamare ogni cosa con il nome esatto, identificare la causa di ogni reazione, di ogni considerazione istintiva, per imparare a conoscere noi stessi. Quante volte ho “invidiato” la beata ignoranza di chi non sa di non sapere, di chi riesce a stare seduto sulla riva del fiume senza mai chiedersi come sia il mondo sotto la superficie, senza sentire la curiosità di vedere cosa c’è oltre la siepe, senza mai provare la triste malinconia di chi teme di aver sprecato del tempo nella propria vita. Vorrei guardare le stelle e vedere sempre soltanto dei lumini appesi in cielo, e non la luce di un corpo celeste ormai spento che sta viaggiando da milioni di anni nel buio silenzioso dell’universo. Vorrei abbracciare il silenzio per poter ascoltare il debole fruscio del vento, l’invisibile gocciolio della neve che si scioglie, gli impercettibili battiti del mio cuore stanco; non per sentire voci sconosciute nella testa. Vorrei guardare il sorriso delle persone che amo e non riuscire a notare le ombre che passano veloci, per un istante, nei loro occhi. Sarei più felice. Ma so che sarebbe una felicità illusoria, una parvenza ingannevole, una serenità effimera. E allora preferisco il pacchetto completo: conoscenza + infelicità. Così cerco di vedere le cose da diversi punti di vista, per poter abbracciare interamente il significato intrinseco di ogni situazione, scoprire il contenuto nascosto, correndo il rischio di scoperchiare un altro vaso di Pandora. E vorrei che le persone che amo non vedessero solo le nuvole che oscurano il mio sguardo ma notassero anche il sorriso sincero che talvolta prende vita sulle mie labbra, e capissero che ciò che la mia mano sta porgendo da tanto tempo, sebbene abbia così tante spine, è pur sempre un bellissimo fiore.