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mercoledì 15 ottobre 2008 - ore 10:25
"Fanculo il successo. Voglio una vita" di Roberto Saviano
(categoria: " Vita Quotidiana ")
Andrò via dallItalia, almeno per un periodo e poi si vedrà...", dice Roberto Saviano. "Penso di aver diritto a una pausa. Ho pensato, in questo tempo, che cedere alla tentazione di indietreggiare non fosse una gran buona idea, non fosse soprattutto intelligente. Ho creduto che fosse assai stupido - oltre che indecente - rinunciare a se stessi, lasciarsi piegare da uomini di niente, gente che disprezzi per quel che pensa, per come agisce, per come vive, per quel che è nella più intima delle fibre ma, in questo momento, non vedo alcuna ragione per ostinarmi a vivere in questo modo, come prigioniero di me stesso, del mio libro, del mio successo.Fanculo il successo. Voglio una vita,ecco. Voglio una casa. Voglio innamorarmi, bere una birra in pubblico, andare in libreria e scegliermi un libro leggendo la quarta di copertina. Voglio passeggiare, prendere il sole, camminare sotto la pioggia, incontrare senza paura e senza spaventarla mia madre. Voglio avere intorno i miei amici e poter ridere e non dover parlare di me, sempre di me come se fossi un malato terminale e loro fossero alle prese con una visita noiosa eppure inevitabile. Cazzo, ho soltanto ventotto anni! E voglio ancora scrivere, scrivere, scrivere perché è quella la mia passione e la mia resistenza e io, per scrivere, ho bisogno di affondare le mani nella realtà, strofinarmela addosso, sentirne lodore e il sudore e non vivere, come sterilizzato in una camera iperbarica, dentro una caserma dei carabinieri - oggi qui, domani lontano duecento chilometri - spostato come un pacco senza sapere che cosa è successo o può succedere. In uno stato di smarrimento e precarietà perenni che mi impedisce di pensare, di riflettere, di concentrarmi, quale che sia la cosa da fare. A volte mi sorprendo a pensare queste parole: rivoglio indietro la mia vita. Me le ripeto una a una, silenziosamente, tra me".
La verità, la sola oscena verità che, in ore come queste, appare con tragica evidenza è che Roberto Saviano è un uomo solo. Non so se sia giusto dirlo già un uomo immaginando o pretendendo di rintracciare nella sua personalità, nella sua fermezza danimo, nella sua stessa fisicità la potenza sorprendente e matura del suo romanzo, Gomorra. Roberto è ancora un ragazzo, a vederlo. Ha un corpo minuto, occhi sempre in movimento. Sa essere, nello stesso tempo, malizioso e insicuro, timidissimo e scaltro. La sua è ancora una rincorsa verso se stesso e lungo questo sentiero è stato catturato da uno straordinario successo, da unimprevedibile popolarità, dallodio assoluto e assassino di una mafia, dal rancore dei quietisti e dei pavidi, dallinvidia di molti. Saranno forse queste le ragioni che spiegano come nel suo volto oggi coabitino, alternandosi fraternamente, le rughe della diffidenza e le ombre della giovanile fiducia di chi sa che la gioia - e non il dolore - accresce la vita di un uomo. "Sai, questa bolla di solitudine inespugnabile che mi stringe fa di me un uomo peggiore. Nessuno ci pensa e nemmeno io fino allanno scorso ci ho mai pensato. In privato sono diventato una persona non bella: sospettoso, guardingo. Sì, diffidente al di là di ogni ragionevolezza. Mi capita di pensare che ognuno voglia rubarmi qualcosa, in ogni caso raggirarmi, "usarmi". E come se la mia umanità si fosse impoverita, si stesse immeschinendo. Come se prevalesse con costanza un lato oscuro di me stesso. Non è piacevole accorgersene e soprattutto io non sono così, non voglio essere così. Fino a un anno fa potevo ancora chiudere gli occhi, fingere di non sapere. Avevo la legittima ambizione, credo, di aver scritto qualcosa che mi sembrava stesse cambiando le cose. Quella mutazione lenta, quellattenzione che mai era stata riservata alle tragedie di quella terra, quellenergia sociale che - come unesplosione, come un sisma - ha imposto allagenda dei media di occuparsi della mafia dei Casalesi, mi obbligava ad avere coraggio, a espormi, a stare in prima fila. E la mia forma di resistenza, pensavo. Ogni cosa passava in secondo piano, diventava di serie B per me. Incontravo i grandi della letteratura e della politica, dicevo quello che dovevo e potevo dire. Non mi guardavo mai indietro. Non mi accorgevo di quel che ogni giorno andavo perdendo di me. Oggi, se mi guardo alle spalle, vedo macerie e un tempo irrimediabilmente perduto che non posso più afferrare ma ricostruire soltanto se non vivrò più, come faccio ora, come un latitante in fuga. In cattività, guardato a vista dai carabinieri, rinchiuso in una cella, deve vivere Sandokan, Francesco Schiavone, il boss dei Casalesi. Se lo è meritato per la violenza, i veleni e la morte con cui ha innaffiato la Campania, ma qual è il mio delitto? Perché io devo vivere come un recluso, un lebbroso, nascosto alla vita, al mondo, agli uomini? Qual è la mia malattia, la mia infezione? Qual è la mia colpa? Ho voluto soltanto raccontare una storia, la storia della mia gente, della mia terra, le storie della sua umiliazione. Ero soddisfatto per averlo fatto e pensavo di aver meritato quella piccola felicità che ti regala la virtù sociale di essere approvato dai tuoi simili, dalla tua gente. Sono stato un ingenuo. Nemmeno una casa, vogliono affittarmi a Napoli. Appena sanno chi sarà il nuovo inquilino si presentano con la faccia insincera e un sorriso di traverso che assomiglia al disprezzo più che alla paura: sono dispiaciuti assai, ma non possono.... I miei amici, i miei amici veri, quando li ho finalmente rivisti dopo tante fughe e troppe assenze, che non potevo spiegare, mi hanno detto: ora basta, non ne possiamo più di difendere te e il tuo maledetto libro, non possiamo essere in guerra con il mondo per colpa tua? Colpa, quale colpa? E una colpa aver voluto raccontare la loro vita, la mia vita?".
Piacciono poco, da noi, i martiri. Morti e sepolti, li si può ancora, periodicamente, sopportare. Vivi, diventano antipatici. Molto antipatici. Roberto Saviano è molto antipatico a troppi. Può capitare di essere infastiditi dalla sua faccia in giro sulle prime pagine. Può capitare che ci si sorprenda a pensare a lui non come a una persona inseguita da una concreta minaccia di morte, a un ragazzo precipitato in un destino, ma come a una personalità che sa gestire con sapienza la sua immagine e fortuna. Capita anche in queste ore, qui e lì. E poca, inutile cosa però chiedersi se la minaccia di oggi contro Roberto Saviano sia attendibile o quanto attendibile, più attendibile della penultima e quanto di più? O chiedersi se davvero quel Giuseppe Setola lo voglia disintegrare, prima di Natale, con il tritolo lungo lautostrada Napoli-Roma o se gli assassini si siano già procurati, come dice uno di loro, lesplosivo e i detonatori. O interrogarsi se la confidenza giunta alle orecchie delle polizie sia certa o soltanto probabile.
E poca e inutile cosa, dico, perché, se i Casalesi ne avranno la possibilità, uccideranno Roberto Saviano. Dovesse essere lultimo sangue che versano. Sono ridotti a mal partito, stressati, accerchiati, incalzati, impoveriti e devono dimostrare linesorabilità del loro dominio. Devono poter provare alla comunità criminale e, nei loro territori, ai "sudditi" che nessuno li può sfidare impunemente senza mettere nel conto che alla sfida seguirà la morte, come il giorno segue la notte.
Lo sento addosso come un cattivo odore lodio che mi circonda. Non è necessario che ascolti le loro intercettazioni e confessioni o legga sulle mura di Casale di Principe: "Saviano è un uomo di merda". Nessuno da quelle parti pensa che io abbia fatto soltanto il mio dovere, quello che pensavo fosse il mio dovere. Non mi riconoscono nemmeno lonore delle armi che solitamente offrono ai poliziotti che li arrestano o ai giudici che li condannano. E questo mi fa incazzare. Il discredito che mi lanciano contro è di altra natura. Non dicono: "Saviano è un ricchione". No, dicono, si è arricchito. Quellinfame ci ha messo sulla bocca degli italiani, nel fuoco del governo e addirittura dellesercito, ci ha messo davanti a queste fottute telecamere per soldi. Vuole soltanto diventare ricco: ecco perché quellinfame ha scritto il libro. E questargomento mette insieme la parte sana e quella malata di Casale. Mi mette contro anche i miei amici che mi dicono: bella vita la tua, hai fatto i soldi e noi invece tiriamo avanti con cinquecento euro al mese e poi dovremmo difenderti da chi ti odia e ti vuole morto? E perché, diccene la ragione? Prima ero ferito da questa follia, ora non più. Non mi sorprende più nulla. Mi sembra di aver capito che scaricando su di me tutti i veleni distruttivi, lintera comunità può liberarsi della malattia che laffligge, può continuare a pensare che quel male non ci sia o sia trascurabile; che tutto sommato sia sopportabile a confronto delle disgrazie provocate dal mio lavoro. Diventare il capro espiatorio dellinciviltà e dellimpotenza dei Casalesi e di molti italiani del Mezzogiorno mi rende più obiettivo, più lucido da qualche tempo. Sono solo uno scrittore, mi dico, e ho usato soltanto le parole. Loro, di questo, hanno paura: delle parole. Non è meraviglioso? Le parole sono sufficienti a disarmarli, a sconfiggerli, a vederli in ginocchio. E allora ben vengano le parole e che siano tante. Sia benedetto il mercato, se chiede altre parole, altri racconti, altre rappresentazioni dei Casalesi e delle mafie. Ogni nuovo libro che si pubblica e si vende sarà per loro una sconfitta. E il peso delle parole che ha messo in movimento le coscienze, la pubblica opinione, linformazione. Negli anni novanta, la strage di immigrati a Pescopagano - ne ammazzarono cinque - finì in un titolo a una colonna nelle cronache nazionali dei giornali. Oggi, la strage dei ghanesi di Castelvolturno ha costretto il governo a un impegno paragonabile soltanto alla risposta a Cosa Nostra dopo le stragi di Capaci e di via DAmelio. Non pensavo che potessimo giungere a questo. Non pensavo che un libro - soltanto un libro - potesse provocare questo terremoto. Subito dopo però penso che io devo rispettare, come rispetto me stesso, questa magia delle parole. Devo assecondarla, coltivarla, meritarmela questa forza. Perché è la mia vita. Perché credo che, soltanto scrivendo, la mia vita sia degna di essere vissuta. Ho sentito, per molto tempo, come un obbligo morale diventare un simbolo, accettare di essere al proscenio anche al di là della mia voglia. Lho fatto e non ne sono pentito. Ho rifiutato due anni fa, come pure mi consigliavano, di andarmene a vivere a New York. Avrei potuto scrivere di altro, come ho intenzione di fare. Sono restato, ma per quanto tempo dovrò portare questa croce? Forse se avessi una famiglia, se avessi dei figli - come li hanno i miei "angeli custodi", ognuno di loro non ne ha meno di tre - avrei un altro equilibrio. Avrei un casa dove tornare, un affetto da difendere, una nostalgia. Non è così. Io ho soltanto le parole, oggi, a cui provvedere, di cui occuparmi. E voglio farlo, devo farlo. Come devo - lo so - ricostruire la mia vita lontano dalle ombre. Anche se non ho il coraggio di dirlo, ai carabinieri di Napoli che mi proteggono come un figlio, agli uomini che da anni si occupano della mia sicurezza. Non ho il cuore di dirglielo. Sai, nessuno di loro ha chiesto di andar via dopo questultimo allarme, e questa loro ostinazione mi commuove. Mi hanno solo detto: "Robe, tranquillo, ché non ci faremo fottere da quelli là"".
A chi appartiene la vita di Roberto? Soltanto a lui che può perderla? Il destino di Saviano - quale saranno da oggi i suoi giorni, quale sarà il luogo dove sceglierà, "per il momento", di scrivere per noi le sue parole necessarie - sono sempre di più un affare della democrazia italiana.
La sua vita disarmata - o armata soltanto di parole - è caduta in unarea dindistinzione dove sembra non esserci alcuna tradizionale differenza tra la guerra e la pace, se la mafia può dichiarare guerra allo Stato e lo Stato per troppo tempo non ha saputo né cancellare quella violenza sugli uomini e le cose né ripristinare diritti essenziali. A cominciare dal più originario dei diritti democratici: il diritto alla parola. Se perde Saviano, perderemo irrimediabilmente tutti.
IN BOCCA AL LUPO...SEI UN EROE...
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martedì 7 ottobre 2008 - ore 09:48
PAROLE SANTE
(categoria: " Vita Quotidiana ")
«Vediamo adesso nel crollo delle grandi banche che i soldi scompaiono, sono niente, e tutte queste cose che sembrano vere in realtà sono di secondo ordine...Solo la parola di Dio è una realtà solida».
AMEN
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venerdì 9 maggio 2008 - ore 12:33
intervista a me stesso
(categoria: " Vita Quotidiana ")
- SE FOSSI UN ANIMALE: beh qualcuno già mi dice che lo sono…ma non è veroooo uffi

cmq direi un ORSO ovviamente!
- SE FOSSI UN NUMERO: beh il 7 mi è sempre piaciuto molto…penso mi possa rispecchiare…o 4 come il numero di figli che vorrei avere!
- SE FOSSI UN COLORE: l’azzurro!!!
- SE FOSSI UNO SPORT: banale…il calcio..ma pure gli scacchi…
- SE FOSSI UNA MATERIA SCOLASTICA: letteratura e diritto…
- SE FOSSI UN MESTIERE: il TATO! Adoro giocare e accudire i bimbi!
- SE FOSSI UN LUOGO: il lago di garda … o una collinetta toscana!
- SE FOSSI UN PERIODO STORICO: “una volta”… come nelle favole e nei racconti dei nonni!
- SE FOSSI UN GENERE MUSICALE: certamente rock!
- SE FOSSI UN FILM: commedia e avventura…
- SE FOSSI UN CARTONE ANIMATO: Holly e Benji…ma anche bell e sebastien!
- SE FOSSI UNA LETTERA: scritta in caratteri medievali su carta vecchia ingiallita e impolverata
- SE FOSSI UN OGGETTO: una penna…
- SE FOSSI UN GIORNO DELLA SETTIMANA: il Sabato del Villaggio!
- SE FOSSI UN MESE: Aprile o Dicembre!
- SE FOSSI UN INDUMENTO: un cappello da cow-boy stile brokeback mountain…meravigliosi!
- SE FOSSI UNA PIETRA: uno scoglio con tanta vegetazione attorno e bagnato dall’acqua!
- SE FOSSI UN LIBRO: certamente di Daniel Pennac o di Pirandello
- SE FOSSI UN CIBO: una buona minestra di fagioli!
- SE FOSSI UNA BEVANDA: acqua fresca di sorgente o una bella tisana calda!
- SE FOSSI UNO STRUMENTO MUSICALE: un pianoforte
- SE FOSSI UN PROFUMO: Declaration di Cartier
- SE FOSSI UN FRUTTO: l’uva
- SE FOSSI UN GELATO: al cioccolato…ma solo in onore di Pupo!
- SE FOSSI UNA FESTA: il Natale!
- SE FOSSI UNA LINGUA: el diaeto
- SE FOSSI UN FIORE: una margherita!
- SE FOSSI UNA CAPITALE: ROMAAAAA!!
- SE FOSSI UN GIOIELLO: una fede di matrimonio…
- SE FOSSI UN PERSONAGGIO DELLE FIABE: Geppetto!
- SE FOSSI UNO DEI SETTE NANI: beh il meno basso!
- SE FOSSI UN SENTIMENTO: l’amore per le persone più care
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giovedì 17 gennaio 2008 - ore 16:30
una persona speciale
(categoria: " Vita Quotidiana ")
Un semplice abbraccio virtuale a una persona a cui sarò x sempre legato....
In bocca al lupo cicolì!!!!!
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martedì 13 novembre 2007 - ore 15:15
... A stór ...
(categoria: " Vita Quotidiana ")

... Fán liom go deo ...
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lunedì 29 ottobre 2007 - ore 11:41
Addio, Ale...
(categoria: " Vita Quotidiana ")
Lunga e diritta correva la strada
lauto veloce correva
la dolce estate era già cominciata
vicino lui sorrideva.
Forte la mano teneva il volante
forte il motore cantava
non lo sapevi che cera la morte
quel giorno che ti aspettava.
Non lo sapevi che cera la morte
quando si e giovani e strano
poter pensare che la nostra sorte
venga e ci prenda per mano.
Non lo sapevi ma cosa hai pensato
quando la strada e impazzita
quando la macchina e uscita di lato
e sopra a unaltra e finita.
Non lo sapevi ma cosa hai sentito
quando lo schianto ti ha uccisa
quando anche il cielo di sopra e crollato
quando la vita e fuggita.
Dopo il silenzio soltanto e regnato
tra le lamiere contorte
sullautostrada cercavi la vita
ma ti ha incontrato la morte.
Vorrei sapere a che cosa e servito
vivere amare e soffrire
spendere tutti i tuoi giorni passati
se presto hai dovuto partire.
Voglio però ricordarti comeri
pensare che ancora vivi
voglio pensare che ancora mi ascolti
e che come allora sorridi.
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martedì 2 ottobre 2007 - ore 10:08
il "Grillismo" ... idee intelligenti fuori dal coro.
(categoria: " Vita Quotidiana ")
di Eugenio Scalfari
"Movimenti dopinione di natura antipolitica, come quello di cui stiamo discutendo, e rompono dal seno della società e poi declinano rapidamente. La politica non è uninvenzione di qualche mente corrotta o malata, ma una categoria della vita associata. Il governo della "polis", cioè della città, cioè dello Stato. Lantipolitica pretende di abbattere la divisione tra governo e governati instaurando il governo assembleare. L"agorà". La piazza. Lequivalente del blog di Internet. Infatti la vera novità del "grillismo" è luso della Rete per scopi di appuntamento politico (o antipolitico).
Ma nella Rete si vede più che mai il carattere personalizzato dell"agorà"; di ogni "agorà". Da quella di Cola di Rienzo a quella di Masaniello, da quella di Savonarola a quella di Camillo Desmoulins. Il blog ha infatti unintestazione ed è lintestatario che indica la via, che formula gli slogan, che produce gli spot. E lui insomma il padrone di casa che guida e domina lassemblea.
In realtà il governo assembleare è sempre stato una tappa, lanticamera delle dittature. La storia ne fornisce una serie infinita di conferme senza eccezione alcuna. Proprio per questo quando vedo prender corpo un movimento del tipo del "grillismo" mi viene la pelle doca; ci vedo dietro lombra del "law & order" nei suoi aspetti più ripugnanti; ci vedo dietro la dittatura.
Non inganni lo slogan "né di destra né di sinistra". Si tratta infatti di uno slogan della peggiore destra, quella populista, demagogica, qualunquista che cerca un capo in grado di de-responsabilizzarla.
Il più vivo desiderio delle masse, cioè dellindividuo ridotto a folla e a massa, è di essere de-responsabilizzato. Vuole questo. Vuole pensare e prendersi cura della propria felicità delegando ad altri il compito di pensare e decidere per tutti. Delega in bianco, semmai con una scadenza. Ma le scadenze, si sa, sono scritte con inchiostri molto leggeri che si cancellano in breve tempo. Il potere, una volta conquistato, ha mille modi per perpetuarsi.
Lantipolitica è sempre servita a questo: piazza pulita per il futuro dittatore. Che non sarà certo uno come Grillo. Il dittatore quelli come Grillo li premiano e poi li mettono in galera. E sempre andata così.
* * *
Spero che molti abbiano letto il discorso pronunciato da David Grossman allapertura del Festival della letteratura a Berlino, che Repubblica ha pubblicato nel numero di mercoledì 5 settembre. E un testo di grande significato e di grande stile e mi permetto di raccomandarne la lettura ed anche la rilettura perché merita desser meditato e possibilmente trasformato in propria sostanza.
Mi spiace rimescolare lalta prosa di Grossman a questioni tanto più mediocri e volgari come il raduno dei sostenitori di "Vaffa". Ma quel pensiero e il testo che lo contiene toccano tra le tante altre cose anche il tema della riduzione dellindividuo a massa, lo schiacciamento dellindividuo, il suo divenire succube di slogan inventati per imporli a lui che inconsapevolmente li adotta e se ne compiace.
Quel tema è laspetto drammatico della civiltà di massa, della società di massa e dei "mass media" che ne diffondono limmagine sovrapponendola allimmagine individuale. Un aspetto al quale è difficilissimo sottrarsi perché ci invade e ci pervade quasi in ogni istante della nostra esistenza. La modernità porta con sé questo virus micidiale: la riduzione dellindividuo a massa, materiale malleabile e plasmabile, materia per mani forti e dure. La massa riporta gli adulti allinfanzia e alla sua plasmabilità. Alla sua manipolazione. Questo - in mezzo a molte virtù innovative - è il delitto della modernità, il virus dal quale bisogna guardarsi e contro il quale bisogna mobilitare tutti gli anticorpi di cui disponiamo.
Ma ascoltiamo Grossman.
"Ci fa comodo, quando si parla di responsabilità personale, far parte duna massa indistinta, priva di volto, didentità e allapparenza libera da oneri e colpe. Probabilmente è questa la grande domanda che luomo moderno deve porsi: in quale situazione, in quale momento io divento massa?"
"Ci sono definizioni diverse per il processo con il quale un individuo si confonde nella massa o accetta di consegnarle parti di sé. Io ho limpressione che ci trasformiamo in massa nel momento in cui rinunciamo a pensare, a elaborare le cose secondo un nostro lessico e accettiamo automaticamente e senza critiche espressioni terminologiche e un linguaggio dettatoci da altri".
"I valori e gli orizzonti del nostro mondo e il linguaggio che lo domina sono dettati in gran parte da ciò che noi chiamiamo "mass media". Ma siamo davvero consapevoli del significato di questa espressione? Ci rendiamo conto che gran parte di essi trasformano i loro utenti in massa? E lo fanno con prepotenza e cinismo, utilizzando un linguaggio povero e volgare, trasformando problemi politici e morali complessi con semplicismo e falsa virtù, creando intorno a noi unatmosfera di prostituzione spirituale ed emotiva che ci irretisce rendendo "kitsch" tutto ciò che tocchiamo: le guerre, la morte, lamore, lintimità. In molti modi, palesi o nascosti, liberano lindividuo da ciò di cui lui è ansioso di liberarsi: la responsabilità verso gli altri per le conseguenze delle sue azioni ed omissioni. E questo il messaggio dei "mass media": un ricambio rapido, tanto che talvolta sembra che non siano le informazioni ad essere significative ma il ritmo con cui si susseguono, la cadenza nevrotica, avida, commerciale, seduttrice che creano. Secondo lo spirito del tempo il messaggio è lo "zapping" ".
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mercoledì 19 settembre 2007 - ore 15:28
Il paraCULO!
(categoria: " Vita Quotidiana ")
Mi no so ste tose come mettano le descrizioni ai blog che seguono...di certo Elenya riguardo a Ecce_ forse hai sbagliato parola!
Ma dime ti cossa che me tocca sentire...PARAFULMINI...
Ecce_, io avrei un’altra idea
Bacino mio spadaccino
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lunedì 17 settembre 2007 - ore 09:18
(categoria: " Vita Quotidiana ")
Buona settimana:
- a Ecce_, figliolo che da tempo ormai immemore si è perso in questo dannato mondo di spritz e non risponde più ai messaggi;
- a Nene, che pensavo de vedare aea sagra ma evidentemente el richiamo dea f....... , che notoriamente latita a campolongo, xe stà decisamente superiore aea voja sia dei u2, sia de vasco, sia de mi;
- a chi ha bevuto un mojito di dimensioni assurde e poi si è ritrovato con la testa dentro al water come nell’esorcista
- a chi ha trovato il coraggio di affrontare il capo e rassegnare le dimissioni;
- a chi è il primo pensiero del mattino e l’ultimo della sera;
- a chi passa le sue giornate a fare l’inventore....si dice così vero?! ;
- a Don Lorenzo, che ci ha insegnato che le cose più importanti nella vita di un uomo sono tre "F" : la Fede, la Famiglia e la .......... Felicità;
- a chi lavora per i sorrisi altrui;
Steme ben
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venerdì 14 settembre 2007 - ore 09:23
Felicità...
(categoria: " Vita Quotidiana ")
Ciao!
Se sei felice ti tirano le pietre....ma se riesci a scansarle poi sei ancora più felice! Questa è la mia vita...
Si esatto...VITA!
Beh solo un piccolo ringraziamento per chi mi è stato vicino...mi ha dato serenità...e si è dimostrato/a lamico/a x cui vale la pena usare questo appellativo...Grazie di cuore.
"Quando sembra tutto fermo la tua ruota girerà sopra il giorno di dolore che uno ha"
Chiedimi se sono felice....
E stasera sagra a campolongo!!!
NENE stasera te spetto!!! Ghe xe i allarme rossi
Grande DON!
Stasera ossetti salsiccia polenta e gli amici nostrani ... i piaceri della vita.
Caresse e baseti.
Saluti
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