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                       LA 
                        LETTURA del PAPIRO 
                        di 
                        Laura Peron  
                         
                        Tesina di Sociologia della Comunicazione, Corso in Scienze 
                        delle Comunicazioni, Università degli Studi di Padova, 
                        A.A. 1999-2000 
                         
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                          - Introduzione: lo svolgimento tipico   
                          1. Le origini storiche della tradizione   
                          2. Il modello durkheimiano del rituale   
                          3. Momento liminare di un rito di elevazione di status  
                           
                          4. La lettura come rappresentazione: Goffman   
                          - Bibliografia e materiale utilizzato   
                              
                       
                      Introduzione: lo svolgimento tipico
                      L’oggetto 
                      della mia analisi è il la parte del rito di laurea in cui 
                      si svolge la lettura del papiro, di cui ho cercato di individuare 
                      le origini storiche, il carattere rituale, il ruolo all’interno 
                      del macro rito della laurea, la sua natura di rappresentazione.  
                       
                      Nel suo svolgimento tipico, la lettura del papiro avviene 
                      nella parte sociale del rito; più precisamente, dopo che 
                      è avvenuta la proclamazione, che il laureato è stato spogliato, 
                      ha corso nell’atrio del Bò, ha passato il tunnel ed il salto 
                      della catenella. A questo punto, tutti escono dal Bò e si 
                      fermano di fronte all’edificio: il laureato aiutato dagli 
                      amici individua una panchina libera e ci sale sopra, rivolto 
                      in direzione del Bò, mentre tutte le persone che sono venute 
                      ad assistere alla sua laurea si dispongono a semicerchio 
                      di fronte a lui, fra la panchina e l’entrata del Bò. A volte 
                      ci sono alcuni scherzi preliminari, quindi gli autori del 
                      papiro (generalmente gli amici) lo danno da leggere al laureato, 
                      eventualmente aiutandolo a sostenerlo. Quando il laureato 
                      commette qualche errore o fa qualche commento non autorizzato 
                      deve bere da una bottiglia di vino, su ordine dei suoi spettatori. 
                      Spesso, dopo la lettura dell’intestazione, viene intonato 
                      un coro ("Dottore…") e fatto un applauso, ed entrambi vengono 
                      ripetuti alla fine della lettura. Al termine, il laureato 
                      scende dalla panchina e a volte si riveste (ma di solito 
                      no). Poi tutti si avviano verso il rinfresco oppure in giro 
                      per il centro di Padova.   
                         
                      Le origini storiche della tradizione
                      In 
                      questo paragrafo cercherò di analizzare gli elementi che, 
                      da un punto di vista storico, sono intervenuti nello sviluppo 
                      della tradizione della stesura e della lettura del papiro. 
                      Le origini più lontane risalgono addirittura al Medioevo, 
                      ma fondamentale nell’elaborazione del rito attuale è stata 
                      la goliardia moderna, da cui non si può prescindere per 
                      capire com’è nato il rito e che valore può avere oggi.  
                       
                      La 
                        laurea medievale
                      Oggi 
                      la laurea è un evento che coinvolge il singolo individuo, 
                      che invita ad assistere e festeggiare i parenti, gli amici, 
                      i compagni più stretti, cioè le persone con cui ha instaurato 
                      un legame affettivo, informale. Nel XVI secolo, al contrario, 
                      il raggiungimento della laurea comportava una cerimonia 
                      collettiva, che vedeva la partecipazione dell'intera cittadinanza. 
                      A Padova si svolgeva all'interno del Duomo, alla presenza 
                      del Vescovo e dopo una messa solenne. Era pertanto una delle 
                      più solenni manifestazioni universitarie: nella cattedrale 
                      addobbata a festa per l'occasione, si imponeva la corona 
                      d'alloro al nuovo laureato, che indossava sontuose vesti 
                      di seta e portava uno scettro ed una corona. Erano inoltre 
                      presenti all'avvenimento il Rettore, in toga di velluto 
                      rosso ed ermellino, il Podestà, le Nationes, nei loro costumi, 
                      i Lettori, togati anch'essi, i bidelli, che reggevano le 
                      mazze, e gli scolari dello studio, che recavano, su cuscini 
                      di seta, statuti e sigilli dell'Università. Tutti questi 
                      elementi contribuivano a creare un’atmosfera altamente formale 
                      e solenne, in corrispondenza dell’importanza ed ufficialità 
                      attribuite all’evento. Queste erano ulteriormente rafforzate 
                      anche dall’usanza, in vigore per un certo periodo nella 
                      città di Padova, di far annunciare l’avvenuta proclamazione 
                      dal banditore comunale.   
                      Al di là di questo, la laurea era resa pubblica, spesso 
                      anche se non sempre, con la pubblicazione di un bando, 
                      sotto forma di manifesto, in cui l’annuncio del lieto evento 
                      era seguito dalle congratulazioni di colleghi, amici e parenti. 
                      Questi manifesti potevano contenere anche sonetti, epigrafi 
                      ed iscrizioni, già prima della nascita della goliardia moderna, 
                      per influenza della forte tradizione, molto viva in passato 
                      in tutta Italia, di celebrare gli avvenimenti significativi 
                      del corso di vita (i passaggi di status come matrimoni, 
                      battesimi, cresime…) con la composizione di canti e poesie, 
                      di carattere serio ma anche scherzoso e sboccato, talvolta 
                      distribuite ad amici e parenti sotto forma di stampati (santini 
                      e manifesti). Tuttavia questi erano comunque molto diversi 
                      dal papiro odierno, dato il loro contenuto serio e retorico 
                      di esaltazione morale ed intellettuale dello studente stesso. 
                      In questi antenati del papiro, era la parte scritta ad avere 
                      il ruolo fondamentale, tranne per la presenza di qualche 
                      decorazione tipografica, e non c’era nessun accenno alla 
                      vita privata del laureato.   
                      La 
                        goliardia
                      Questi 
                      sono i presupposti storici della tradizione del papiro, 
                      dai quali prende spunto la goliardia moderna, attiva a Padova 
                      fin da fine ‘800 – inizio ‘900, per elaborare il proprio 
                      caratteristico rituale. I primi riti di laurea goliardici 
                      nascono, infatti, proprio come parodia e rovesciamento della 
                      pomposa cerimonia ufficiale: il laureato viene vestito di 
                      stracci anziché di vesti di seta, gli viene consegnato un 
                      fiasco o una scopa anziché uno scettro, è magnificato in 
                      un manifesto per le sue qualità di bevitore, giocatore o 
                      conquistatore invece che per la sua moralità e sapienza.  
                       
                      L’usanza del papiro diventa quasi universale a Padova negli 
                      anni ’50-’60, nel momento cioè di massima diffusione della 
                      goliardia, che raccoglieva la maggioranza della popolazione 
                      universitaria. Il declino di questa forma di aggregazione 
                      degli studenti, iniziato negli anni ’70, non porta però 
                      alla diminuzione dei papiri, che continuano a segnare la 
                      conclusione della carriera della gran parte degli studenti, 
                      siano o non siano goliardi. In questo Padova differisce 
                      dalle altre sedi universitarie italiane, nelle quali la 
                      stesura e lettura dei papiri sono diffuse in modo molto 
                      più limitato, quasi esclusivamente in ambito goliardico.  
                       
                      Le 
                        valenze goliardiche della lettura del papiro
                       Diversi 
                      elementi e ritemi sono derivati più o meno direttamente 
                      dalle "angherie" che le matricole subiscono al loro ingresso 
                      nell’università: la conclusione del ciclo di studi viene 
                      sancita dalla ripresa di quelle azioni e situazioni che 
                      ne avevano segnato l’inizio. Questo può essere considerato 
                      un indicatore della consapevolezza che, in entrambi i casi, 
                      inizio e fine, l’individuo attraversa una fase di passaggio 
                      simile da un punto di vista strutturale, in cui assume lo 
                      status di iniziato.   
                      Innanzitutto, il papiro di laurea ha il suo antecedente 
                      temporale ma anche, in senso più ampio, genetico, nel papiro 
                      matricolare. Questa tradizione si è affermata negli 
                      anni ’60, con l’abitudine goliardica di costringere la matricola, 
                      in modi più o meno gentili, a sottoscrivere un documento, 
                      che serviva come lasciapassare all'interno delle mura dell'università 
                      e costituiva una sorta di difesa dagli assalti di altri 
                      goliardi più anziani. Erano questi ultimi infatti che lo 
                      fornivano, dietro pagamento in Bacco, Tabacco e Venere, 
                      cioè con ricompense in alcolici, in sigarette o in favori 
                      femminili, e rimanevano poi pronti a trovare cavilli di 
                      ogni tipo per poter correggere il papiro stesso con codicilli, 
                      in modo da estorcere altre offerte al nuovo studente. Da 
                      quel momento, comunque, la matricola veniva accolta nel 
                      novero degli studenti universitari ed iniziava a prendere 
                      parte ai loro svaghi, ricevendo, pur da una posizione subalterna, 
                      consigli ed aiuti per la sua nuova vita.   
                      L’antecedente storico di quest’usanza goliardica risale 
                      all’abitudine medievale del Rettore dell’università di pretendere 
                      dai nuovi studenti, al momento della consegna dell'attestato 
                      di iscrizione, oltre al pagamento della regolare tassa, 
                      anche ulteriori donativi di carattere personale, in denaro 
                      o natura. Questi venivano in genere riscossi tramite intermediari 
                      scelti tra gli anziani, per evitare al Rettore problemi 
                      ed implicazioni di vario tipo con la giustizia. Come indicazione 
                      dell'avvenuto pagamento venivano apposti segni e disegni 
                      di varia natura sull'attestato di iscrizione all'università 
                      e probabilmente, col passare del tempo, si decise di creare 
                      un apposito documento, riservato unicamente a questo uso.  
                       
                      I vari ordini goliardici hanno poi elaborato una serie di 
                      codici (a Padova il Codice Morandini, del 1946) che 
                      forniscono dettagliate prescrizioni sulla redazione del 
                      papiro: dimensioni e numero di fori di sigaretta necessari 
                      per la sua validità, ordine da tenere nel firmare in calce, 
                      e così via. La lingua usata era il cosiddetto latino Goliardico, 
                      un latino maccheronico utilizzato per ironizzare sulla pretesa 
                      di ufficialità del documento. La fantasia degli scriventi, 
                      poi, si poteva sfogare nel completare il papiro con disegni 
                      di diversi tipi, molto spesso allusivi alla sfera sessuale 
                      e comunque ironizzanti sulla figura della nuova matricola. 
                      Presenti nella maggior parte delle forme di comunicazione 
                      scritte della goliardia, tutti questi elementi vanno poi 
                      a caratterizzare il papiro di laurea nella forma attuale.  
                       
                      Anche il fatto che il laureato debba leggere il papiro in 
                      piedi su una panchina trae le sue radici dalla tradizione 
                      goliardica, che si è intrecciata poi con le limitazioni 
                      imposte dalle autorità alla spericolatezza dei neolaureati. 
                      I goliardi avevano infatti l'uso di spedire i propri laureati 
                      o sulla statua del Cavour o sui balconi del Municipio, a 
                      leggere il proprio papiro tra gli sberleffi degli amici. 
                      Anche questa prova derivava dalla tradizione matricolare, 
                      che prevedeva che le matricole si arrampicassero, quasi 
                      esclusivamente in mutande, in tale posizione per ricevere 
                      i feroci commenti degli studenti più anziani. Inizialmente, 
                      ben pochi tra i non goliardi effettuavano la prova. Poi, 
                      a causa di alcuni incidenti, il Sindaco fece porre vasi 
                      di fiori sulla facciata del Municipio, occupando i piedistalli, 
                      mentre il Rettore fece inserire delle lastre di plastica 
                      per impedire l'arrampicata sulla facciata del Bò. La statua 
                      del Cavour, riservata ai più atletici, fu ingabbiata e resa 
                      non disponibile per anni, durante la sistemazione della 
                      piazza. Rimasero solamente le panchine antistanti l'entrata 
                      del Bò. Da allora sono sempre più numerosi i laureati che 
                      vi sono costretti dagli amici, poiché la prova non comporta 
                      più rischi e arrampicate.   
                      Anche la cosiddetta "mutandatio", cioè lo spogliare 
                      il laureato e lasciarlo in mutande in pieno centro di Padova, 
                      una volta era prerogativa esclusivamente goliardica, tenendo 
                      conto, del resto, che il senso del pudore era molto più 
                      rigido negli anni ’50 e ’60 rispetto ad oggi. Quest’atto 
                      aveva un significato fortemente anticonformista, in aperta 
                      opposizione alla mentalità borghese, molto attenta invece 
                      alle apparenze, al vestito assunto a simbolo del ruolo di 
                      un individuo nella società: l’abito fa il monaco. Non solo: 
                      serve soprattutto ad indicare chi ha potere e chi no, in 
                      una società in cui l’autorità individuale è fondata sulla 
                      particolare divisa che la persona porta, non sulle sue caratteristiche 
                      interiori. Caratteristica della goliardia, invece, è proprio 
                      il dare importanza all’individuo ed alla sua intelligenza 
                      al di là di quello che indossa, dei simboli esteriori del 
                      suo status. La prova tipica a cui vengono sottoposte le 
                      matricole è essere messi in mutande e rispondere in quelle 
                      condizioni a delle domande difficili, per dimostrare che 
                      anche in mutande si può ragionare, che quello che conta 
                      sono il cervello e le capacità, non le apparenze. E questo 
                      vale ancora di più per il laureato che, concluso un corso 
                      di studi lungo ed impegnativo, viene nuovamente sottoposto 
                      a questa prova scherzosa.   
                      Oggi la "mutandatio" è una pratica largamente diffusa, sia 
                      per i maschi che per le femmine. Questo è consentito sia 
                      dalla maggiore permissività che caratterizza la società 
                      attuale, sia dalla particolare condizione di sospensione 
                      delle regole in cui si trova il neolaureato in quanto iniziato 
                      (ma anche in modo simile a quanto avviene durante il Carnevale). 
                      Nella laurea A, il neodottore commenta, rivolto ad una parente, 
                      dopo essere stato spogliato:- È l’unico giorno che non ti 
                      mettono in prigione quando giri così, bisogna approfittarne 
                      -. La parente approva:- Oh bravo! È vero, eh.   
                      Un’altra valenza che può essere riscontrata nello spogliare 
                      il laureato, sottoporlo a scherzi, insulti e penitenze varie, 
                      è quella di impedire che si monti troppo la testa, di ricordargli 
                      che, anche se ha assunto uno status socialmente più elevato 
                      con il conseguimento della laurea, è pur sempre la stessa 
                      persona, con gli stessi pregi e difetti che aveva prima. 
                      Un po’ come avveniva nell’antica Roma quando, a fianco del 
                      generale, vittorioso in guerra, che celebrava il trionfo, 
                      uno schiavo aveva il compito di ripetere: "Ricordati che 
                      sei mortale", mentre i soldati intonavano i Carmina Triumphalia. 
                      Oggi, più prosaicamente, in questo modo si vuole dire al 
                      laureato:- Sei rimasto il solito cretino che eri, anche 
                      se adesso sei un cretino patentato. (Kociss)  
                       
                      L’imitazione 
                        e le sue cause
                      Il 
                      rito attuale quindi deriva da un misto di tradizione, imitazione, 
                      evoluzione a seconda delle limitazioni imposte nel corso 
                      degli anni. Tutto ciò che è diffuso, divertente, fantasioso, 
                      riproducibile, tende infatti ad essere imitato. La stratificazione 
                      degli scherzi e la loro ripetizione sono tanto più favorite 
                      in quanto il Bò è un ambiente chiuso, circoscritto, 
                      nel centro della città, molto visibile. Nelle sessioni 
                      di laurea, ogni giorno si svolgono diverse decine di riti, 
                      che molti hanno la possibilità di vedere, a cui la gente 
                      può assistere come se fosse a teatro, ricavando così la 
                      percezione di una norma che deve essere mantenuta. È per 
                      questo che la diffusione del papiro a Padova investe un’ampia 
                      percentuale degli studenti.   
                      A questo punto, però, è necessario spiegare perché il rito 
                      continua ad essere riprodotto, in forme più o meno simili, 
                      nella stragrande maggioranza delle lauree che avvengono 
                      a Padova, anche da studenti che non conoscono nulla o quasi 
                      di goliardia e non hanno la minima idea delle valenze da 
                      essa attribuite agli elementi prima descritti. L’imitazione, 
                      di per sé, non è una ragione sufficiente a giustificare: 
                      rimane da chiarire perché siano certi elementi, e non 
                      altri, ad essere riprodotti, ed il significato che questi 
                      assumono in contesti diversi da quelli originari. In un 
                      gruppo di amici che festeggia una laurea possono essere 
                      introdotti ex novo moltissimi scherzi e ritemi, alcuni legati 
                      alla personalità del neolaureato, ai suoi pregi (ma più 
                      spesso ai difetti) ed alle sue idiosincrasie, altri nati 
                      sul momento, da qualche evento contingente o per associazione 
                      di idee. Solo alcuni però vengono ripetuti, istituzionalizzati, 
                      diventano tradizione e rito: si tratta ora di capire quali 
                      e perché.   
                      La lettura del papiro, in particolare, può essere considerata 
                      il momento più importante e culminante nel rito sociale, 
                      sia per la durata temporale che comporta, sia soprattutto 
                      per i molteplici significati che essa assume. Essa infatti, 
                      dal punto di vista sociologico, assolve a funzioni che vanno 
                      al di là di quelle ereditate dalla goliardia (e comunque 
                      presenti ancora oggi), giustificando così il suo mantenimento 
                      in un contesto non più esclusivamente goliardico.  
                       
                         
                      Il modello durkheimiano del rituale
                      La 
                      lettura del papiro può essere analizzata secondo il modello 
                      formale del rituale di Emile Durkheim, che prevede l’interazione 
                      di tre fattori fondamentali. Il primo di essi è la copresenza 
                      fisica di un certo numero di individui, in questo caso 
                      il laureato e coloro che sono venuti ad assistere alla discussione 
                      e proclamazione, e lo accompagnano poi per festeggiare insieme. 
                      È importante notare come, maggiore sia il numero di persone 
                      fisicamente presenti, più intensi sono gli effetti rituali 
                      che si generano. Il secondo fattore comporta che le persone 
                      fisicamente riunite in un luogo abbiano un comune focus 
                      attentivo e la consapevolezza reciproca della propria presenza. 
                      Infine, fra di esse si deve creare una comune tonalità emozionale. 
                      Questi tre fattori , operando assieme, caricano di energia 
                      emotiva e valore simbolico determinati oggetti (persone, 
                      cose, animali, idee…) che diventano quindi "sacri", in quanto 
                      simboleggiano l’appartenenza al gruppo stesso.   
                      Il processo descritto da Durkheim può essere utile nell’interpretazione 
                      di quanto è avvenuto nel corso delle lauree che abbiamo 
                      seguito, che sono state molto diverse dal punto di vista 
                      del coinvolgimento dei partecipanti. Relativamente al primo 
                      fattore, durante la lettura del papiro della prima laurea 
                      (laurea A), assistevano circa una ventina di persone, prevalentemente 
                      parenti del neo dottore; nella seconda (laurea B) invece 
                      il pubblico era molto più numeroso: comprendeva infatti 
                      circa una settantina di persone, soprattutto amici ed amiche 
                      della laureata. L’intensità degli effetti rituali creatisi, 
                      riscontrata empiricamente, ha confermato la validità di 
                      questo principio.   
                      Il focus attentivo della lettura è costituito dal 
                      laureato, che legge il suo papiro in piedi sulla panchina. 
                      Nel caso della laurea B, tutti i partecipanti erano concentrati 
                      sulla laureata, cercavano di seguire quanto diceva, ridevano 
                      alle battute, chiedevano spiegazioni per i riferimenti che 
                      non capivano, applaudivano, incitavano a bere, intonavano 
                      il coro "Dottore…". Eventuali commenti e battute su quanto 
                      scritto nel papiro venivano fatti generalmente a voce alta 
                      e all’indirizzo della laureata, in modo che tutti li sentissero: 
                      non costituivano, nella maggioranza dei casi, interazioni 
                      separate fra i partecipanti.   
                      Nella laurea A invece il focus attentivo sulla figura del 
                      laureato era molto meno forte, sia perché il laureato leggeva 
                      a voce molto bassa e con poca enfasi, sia perché sulla panchina 
                      di fianco un altro gruppo molto più numeroso e rumoroso 
                      tendeva ad attirare l’attenzione anche dei partecipanti 
                      alla laurea in esame. In questo caso il pubblico tendeva 
                      a prestare alternativamente attenzione al proprio laureato 
                      e a quello vicino e non riusciva né a sentire bene né a 
                      seguire i vari passaggi del papiro. Solo in rari casi sono 
                      state richieste spiegazioni relativamente ai punti oscuri, 
                      mentre commenti e battute, abbastanza scarsi, venivano fatti 
                      a voce alta solo da tre o quattro dei presenti (la madre, 
                      la fidanzata, un parente anziano), quelli maggiormente coinvolti. 
                      I rimanenti tendevano a distrarsi, a non capire e annoiarsi; 
                      gli amici presenti invece, pur seguendo con abbastanza attenzione 
                      la lettura, stavano in disparte e commentavano esclusivamente 
                      tra di loro quanto veniva letto, spesso in modo ironico 
                      o scettico, parlando sempre sottovoce e separandosi così 
                      dall’interazione principale.   
                      Anche il terzo fattore, quello della comune tonalità 
                      emozionale, era molto più riscontrabile nella laurea 
                      B rispetto alla laurea A: nella laurea B infatti la voglia 
                      di festeggiare accomunava praticamente tutti i presenti 
                      (con la sola eccezione di un ragazzo rimasto sempre in disparte 
                      dall’inizio alla fine del rito). È particolarmente significativo 
                      che partecipassero attivamente, prendendo parte agli scherzi 
                      o continuando a fotografare, anche alcune ragazze straniere 
                      (conosciute dalla laureata durante l’Erasmus), nonostante 
                      non conoscessero la lingua e non potessero comprendere perciò 
                      il testo del papiro, e probabilmente non capissero granché 
                      di tutta la celebrazione. Ciò che lo rendeva possibile era 
                      proprio la comune tonalità emozionale creatasi fra i presenti, 
                      la voglia di divertirsi e dimostrare il proprio legame affettivo 
                      con la laureata, la partecipazione al traguardo da lei ottenuto. 
                      Nella laurea A invece questo sentimento comune, seppur presente, 
                      era molto debole, come dimostrato dagli atteggiamenti non 
                      sempre partecipi dei presenti.   
                      Gli "oggetti sacri" che vengono caricati di energia 
                      simbolica nel corso del rito in questo caso sono innanzitutto 
                      il laureato, "oggetto sacro" per eccellenza dato il suo 
                      status di iniziato, e poi le stesse azioni rituali che segnano 
                      l’interazione: la disposizione spaziale dei presenti, il 
                      coro "Dottore…" ripetuto generalmente alla fine della lettura 
                      (ma anche nel corso di questa, in alcuni casi, per sottolineare 
                      punti significativi), il bere vino nel caso di errori. Tutte 
                      queste azioni hanno un forte valore simbolico perché innestano, 
                      sempre secondo il modello durkheimiano, un processo di feedback 
                      sul focus attentivo e sulla tonalità emozionale comune, 
                      contribuendo a rafforzarli. Pur non avendo un valore intrinseco, 
                      questi gesti contribuiscono quindi a dimostrare la volontà 
                      di coesione dei partecipanti che, nel momento in cui li 
                      mettono in pratica, ricreano il proprio senso di appartenenza 
                      al gruppo amicale/di parentela ed aumentano la propria energia 
                      emozionale.   
                      Perfino nella laurea A, in cui i tre fattori evidenziati 
                      da Durkheim erano presenti solo in misura limitata, il rinforzo 
                      circolare tra focus attentivo, energia emozionale e 
                      simboli sacri ha avuto l’effetto visibile di aumentare, 
                      nel corso dell’interazione rituale, il numero di persone 
                      che hanno preso parte al coro "Dottore…". Mentre immediatamente 
                      dopo la proclamazione esso era stato intonato solo una o 
                      due volte dai tre amici presenti, in tono basso ed imbarazzato 
                      (oltretutto non in modo spontaneo, ma dietro sollecitazione 
                      della fidanzata), al termine della lettura quasi tutti partecipano 
                      al coro conclusivo, arrivando a metterci perfino un po’ 
                      di entusiasmo. Nella laurea B naturalmente il livello di 
                      partecipazione e l’energia emozionale, più alti già in partenza, 
                      hanno raggiunto un livello molto più elevato, tanto che 
                      non si sono esauriti neppure nell’ora e mezza successive 
                      di vagabondare sotto la pioggia.   
                      Allo svolgimento di questa lettura del papiro può essere 
                      applicato un altro principio di Durkheim, quello della produzione 
                      della leadership carismatica. L’individuo che è focus 
                      del rituale (in questo caso la laureata) diventa anche simbolo 
                      del gruppo stesso, oggetto sacro, centro del flusso di energia 
                      che si crea fra i co-partecipanti: questo processo innesca 
                      una reazione circolare per cui mano a mano che ciò avviene 
                      egli acquista carisma, e mano a mano che diventa più carismatico 
                      aumenta la sua capacità di incrementare, a sua volta, l’energia 
                      emozionale del gruppo stesso. La neolaureata, che inizialmente, 
                      come tutti i suoi colleghi, era "succube" di quanto gli 
                      amici le ordinavano di fare, ad un certo punto ha assunto 
                      su di sé la direzione dell’interazione rituale, introducendo 
                      un elemento inconsueto nel rito: ha incitato infatti i presenti 
                      a urlare in coro "Olè!" ad ogni nome pronunciato nel corso 
                      della lettura dei ringraziamenti finali. Bisogna tener presente 
                      che i nomi citati nel papiro erano circa una sessantina, 
                      e gli "Olè!" sono continuati fino alla fine, con entusiasmo 
                      abbastanza costante, nonostante piovesse sempre più forte.  
                       
                      Situazione molto contrastante rispetto a quella della laurea 
                      A, in cui il laureato, che già in partenza non era molto 
                      "caricato", ha finito per deprimersi ulteriormente nel corso 
                      della lettura data la scarsa attenzione prestatagli dai 
                      presenti: il gruppo difficilmente poteva celebrare con il 
                      rito il proprio senso di appartenenza e coesione, dato che 
                      esso era molto scarso in partenza, e ancor meno poteva rendere 
                      il dovuto onore al laureato per il raggiungimento di quell’importante 
                      traguardo, quando lui stesso sembrava quasi scocciato dai 
                      festeggiamenti che gli venivano fatti. In un certo senso, 
                      questo costituisce una violazione del rituale: una 
                      laurea noiosa, malriuscita, un papiro sciatto e poco divertente 
                      sono una mancanza di rispetto per lo status sacro del laureato, 
                      una mancata celebrazione.   
                      Un’ultima osservazione, relativa alla consapevolezza 
                      reciproca della presenza corporea fra i partecipanti. 
                      Secondo il modello del rituale dell’interazione, la concentrazione 
                      dell’attenzione e del sentimento comune, rafforzandosi a 
                      vicenda in modo circolare, possono portare ad una sincronizzazione 
                      dei movimenti dei presenti maggiore rispetto a quella riscontrabile 
                      in un gruppo di persone non impegnato in un’interazione 
                      rituale. La lettura del papiro comporta molte attività di 
                      tipo ritmico, sincronizzato, da parte del pubblico: basti 
                      pensare ai canti, agli applausi, alle risate. Anche in questo 
                      caso la sincronizzazione è stata molto più evidente nella 
                      laurea B che in quella A.   
                      Momento liminare di un rito di elevazione 
                        di status
                      Secondo 
                      l’ipotesi interpretativa adottata dal mio gruppo, il macro 
                      rito della laurea è diviso in due micro riti: il rito istituzionale 
                      (discussione della tesi e proclamazione) e il rito sociale 
                      (tutto ciò che avviene dal momento in cui il neolaureato 
                      viene fatto spogliare e, eventualmente, travestire, in poi). 
                      Sia il rito istituzionale che quello sociale sono configurati 
                      come riti di passaggio, secondo la teoria di Van Gennep. 
                      Egli afferma che ogni società generale comprende società 
                      particolari, separate da confini più o meno netti a seconda 
                      del grado di civiltà raggiunto dalla società nel suo complesso 
                      (una società più tradizionale comporta confini più netti). 
                      L’individuo nel corso della sua esistenza passa da una società 
                      all’altra mano a mano che passa da un’età all’altra e da 
                      una occupazione all’altra. Ogni passaggio è segnato da una 
                      serie di cerimonie che hanno il fine di disaggregare l’individuo 
                      dalla società di provenienza (fase preliminare) e di riaggregarlo 
                      allo società di destinazione (fase post liminare).  
                       
                      Questo è quanto avviene anche nella laurea, in cui l’individuo 
                      passa dallo status di studente a quello di laureato, dal 
                      mondo dell’università a quello del lavoro. Il confine tra 
                      questi due diversi status, nella società attuale, non è 
                      molto netto come poteva esserlo in passato; lo status di 
                      laureato è inoltre molto meno elitario e garantito rispetto 
                      ad un tempo. Questo può spiegare in parte il carattere più 
                      privato del rito attuale, rispetto all’ufficialità e solennità 
                      della cerimonia antica, descritta al punto n.1.   
                      Nella fase liminare del rito, quella in cui avviene 
                      il passaggio di status vero e proprio, l’individuo si trova 
                      al margine della struttura sociale, in uno stadio intermedio 
                      in cui viene definito come "iniziato". Per quanto riguarda 
                      il rito sociale, questa fase è stata individuata nella lettura 
                      del papiro.   
                      Prima però di analizzare quest’aspetto, è utile fare riferimento 
                      alla classificazione dei riti di passaggio proposta da Turner. 
                      È possibile perciò definire la laurea come un rituale 
                      di elevazione di status, dal momento che si ha il passaggio 
                      ad uno status sociale superiore. L’aspetto interessante 
                      di questo tipo di rituale è che comporta un avvilimento 
                      o umiliazione del novizio nella fase liminare, prima dell’elevazione 
                      definitiva. Si tratta poi di un rito di crisi del corso 
                      di vita, la cui struttura si ripete in modo simile per 
                      molti individui, ma che viene affrontato e vissuto in modo 
                      individuale dal singolo.   
                      Questi concetti permettono di inquadrare meglio lo status 
                      di iniziato che il laureato assume con la lettura del 
                      papiro. Nei riti di passaggio delle società tradizionali, 
                      in genere relativi al passaggio dalla vita infantile a quella 
                      adulta, il novizio è considerato come morto per un periodo 
                      di tempo più o meno lungo: spesso viene tenuto in isolamento 
                      rispetto alla comunità in cui vive e si trova in uno stato 
                      particolare, caratterizzato dal mescolamento e dalla sospensione 
                      dei simboli e delle regole che distinguono i diversi gruppi 
                      costituenti la comunità. Questi caratteri sono riscontrabili, 
                      sebbene naturalmente in maniera più attenuata, perché il 
                      "salto" è molto meno netto, anche nel corso della lettura 
                      del papiro, considerata come fase liminare.   
                      Perdita 
                        dell’identità
                      Gli 
                      iniziandi, oltre a non avere una collocazione sociale definita, 
                      nella fase liminare perdono anche la loro identità individuale: 
                      vengono infatti lasciati nell’anonimato, oppure definiti 
                      genericamente con un nome collettivo. Il coro "Dottore…" 
                      ricopre, in un certo senso, questa funzione: ripetuto sempre 
                      identico per tutti i neolaureati, senza neppure una distinzione 
                      di genere maschile/femminile, mette in evidenza unicamente 
                      il passaggio di status e lo rende immediatamente riconoscibile 
                      anche per gli estranei che si trovino ad assistere casualmente.  
                       
                      Obliterazione 
                      È 
                      pratica frequente quella di imbrattare in qualche modo il 
                      neolaureato; questo serve a isolarlo dal resto della comunità 
                      e a spogliarlo dalle caratteristiche dello status precedente. 
                      Gli esempi concreti nelle lauree che abbiamo visto sono 
                      stati diversi: la laureata B è stata dipinta di blu in faccia, 
                      il "vicino di panchina" del laureato A è stato sporcato 
                      di mascara fucsia sui capelli e sui peli del petto. La tradizione 
                      goliardica prevedeva poi lancio di uova e farina; questo 
                      oggi non è più possibile, il Bò è pieno di cartelli che 
                      promettono multe salate. Ma sono state trovate diverse soluzioni 
                      alternative: nella laurea B hanno fatto la loro comparsa 
                      pistole ad acqua e, più tardi, bombolette di schiuma; nell’altra 
                      laurea prima citata è stato teso un telone di nylon sulla 
                      panchina in modo da evitare di sporcare.   
                      Ambiguità 
                        e paradosso 
                      Agli 
                      iniziati vengono applicate categorie contraddittorie ed 
                      entrambi i termini di polarità generali: questo, relativamente 
                      al rito di laurea, è vero soprattutto per quanto riguarda 
                      l’opposizione maschile/femminile, anche perché l’ironia 
                      a sfondo sessuale è uno degli ingredienti fondamentali degli 
                      scherzi che vengono fatti. Capita molto spesso che laureati 
                      maschi vengano travestiti da donne, con abiti esageratamente 
                      femminili e sexy e "forme" costruite ad hoc (per esempio, 
                      sempre il laureato prima citato). Quest’ambiguità si può 
                      riscontrare anche nei disegni di alcuni papiri, in cui gli 
                      attributi maschili a volte vengono minimizzati, o alcune 
                      ragazze vengono disegnate con tratti eccessivamente maschili.  
                       
                      Isolamento
                      L’aspetto 
                      più evidente dell’isolamento iniziatico è il fatto che la 
                      lettura del papiro avviene in cima ad una delle panchine 
                      davanti al Bò. Ho già parlato dell’origine di questa tradizione, 
                      e di come nel passato i neolaureati dovessero andare ancora 
                      più in alto rispetto ad oggi. Il fatto che il laureato debba 
                      stare in alto, per la lettura del papiro, è un ritema talmente 
                      radicato nei partecipanti all’interazione rituale, che deve 
                      essere mantenuto a tutti i costi, come si è visto nella 
                      laurea C, quando è stato impossibile leggere il papiro sulla 
                      panchina perché pioveva troppo. Gli amici, allora, hanno 
                      fatto salire la laureata in cima ad un cestino per le immondizie 
                      poco distante, al coperto, sotto un portico vicino al Municipio. 
                      Perfino un vigile presente ha avvallato quest'infrazione, 
                      chiedendo solo che la ragazza scendesse quando il sindaco 
                      stava per passare, e permettendo poi il proseguimento della 
                      lettura. Questo si è quindi rivelato come un elemento essenziale 
                      al rito, anche se certo nessuno dei presenti, in quel momento, 
                      poteva averne presente il significato: ma sono proprio i 
                      simboli più oscuri ad avere maggiore presa su chi li adopera.  
                       
                      Prova 
                        iniziatica
                      La 
                      lettura del papiro viene vissuta anche come una "prova" 
                      iniziatica (naturalmente, come ho già detto, in modo molto 
                      attenuato e prettamente rituale): il laureato deve riuscire 
                      a leggere senza compiere errori e senza esitazioni, cosa 
                      pressoché impossibile, data l’eccitazione del momento e 
                      la difficoltà di testi in rima, in dialetto, in gergo. La 
                      sanzione rituale (e anche questa, di ascendenza goliardica) 
                      per gli errori è il bere vino, su ordine generalmente degli 
                      amici. Il laureato A, però, era astemio: la soluzione alternativa 
                      trovata è stata il soffiare in una trombetta di Carnevale, 
                      cosa che non ha mancato di suscitare proteste e commenti 
                      negativi nei presenti.   
                      Conclusione
                      Il 
                      neolaureato, dunque, è un iniziato, privo, per il momento, 
                      di nome e di qualsiasi segno che indichi il suo status sociale. 
                      La lettura del papiro svolge a questo punto una funzione 
                      fondamentale: quella di ridefinire l’identità del laureato 
                      e di reintegrarlo nella società con il suo nuovo status.  
                       
                      Questo avviene attraverso l’intestazione e il contenuto 
                      del papiro, i ringraziamenti finali.   
                      Generalmente l’intestazione è strutturata in questo modo: 
                      Università degli studi di Padova [o comunque 
                      una denominazione molto ufficiale e pomposa: nella laurea 
                      B era in latino]; Facoltà di [nome della facoltà]; 
                      oggi… con la data [anche questa in forma spesso 
                      solenne: addì…]; è dottore in [nome del corso 
                      di laurea] [nome del laureato]. Fin dall’inizio, quindi, 
                      al laureato viene ridato il suo nome e proclamato il conseguimento 
                      del suo obiettivo, e ciò viene fatto con forme ironicamente 
                      solenni. Questa proclamazione può essere ripresa anche alla 
                      fine, in forma molto meno solenne, anche se non sempre questo 
                      avviene (nella laurea B il testo era: "finalmente ti sei 
                      laureata, dottoressa di merda!").   
                      Il contenuto tipico del papiro è la storia della 
                      vita del laureato, dalla nascita (o addirittura dal concepimento) 
                      fino al giorno della laurea; il tutto viene raccontato in 
                      modo ironico e scherzoso, mettendo in evidenza, secondo 
                      le parole di un autore di quello della laurea B, " tutte 
                      le cose stupide che ha fatto", per additarlo al "pubblico 
                      ludibrio". Da un punto di vista strutturale però, in questo 
                      modo, il nuovo status di laureato dell’individuo viene presentato 
                      come coronamento di tutti i passaggi precedenti nel suo 
                      corso di vita, come punto d’arrivo e completamento del percorso 
                      finora compiuto. È significativo, per questo aspetto, che 
                      la laureata B abbia definito, più tardi, di aver vissuto 
                      la sua laurea proprio come il raggiungimento di un importante 
                      traguardo a cui teneva assistessero tutte le persone che 
                      erano state importanti per lei nel corso della sua vita. 
                      Ha usato proprio una metafora, per indicare quello che aveva 
                      significato la laurea per lei, che sembra descrivere il 
                      papiro stesso: l’ha definita come un grande foglio di carta 
                      bianco a cui sono stati aggiunti man mano i vari momenti 
                      importanti della sua vita, fino a concludere il quadro con 
                      la laurea.   
                      Per quanto riguarda i ringraziamenti finali contenuti 
                      nel papiro, si tratta di un elenco piuttosto lungo di nomi 
                      accompagnati dalle più svariate prerogative: dal classico 
                      "si congratulano" ad espressioni più ironiche come "se ne 
                      fregano", "si depilano", "si ubriacano" e così via. Al di 
                      là dell’ironia e della volontà di divertire, in questa parte 
                      del papiro viene chiamata in causa tutta la rete di conoscenze 
                      del laureato, e spesso anche le istituzioni pubbliche o 
                      private con cui ha avuto o avrà a che fare in ambito scolastico 
                      e lavorativo, quasi a voler rendere partecipe la società 
                      intera del fatto che un suo membro ha acquisito un nuovo 
                      status.   
                      La lettura come rappresentazione: Goffman
                      La 
                      lettura del papiro si presta molto bene ad essere analizzata 
                      secondo il modello goffmaniano: è una rappresentazione, 
                      infatti, non solo in quanto interazione sociale faccia a 
                      faccia, ma anche per le sue caratteristiche strutturali. 
                      Spesso infatti si assiste ad essa come si assiste ad uno 
                      spettacolo teatrale, che si svolge su una vera e propria 
                      ribalta: le panchine davanti al Bò.   
                      Attore, 
                        pubblico, estranei 
                      A 
                      prima vista la distinzione tra attore (il laureato), pubblico, 
                      estranei in questa interazione rituale è immediata. Analizzando 
                      con più attenzione, però, si osserva la formazione di un’équipe 
                      "trasversale" che unifica l’attore principale ad alcuni 
                      fra i membri del pubblico.   
                      L’attore principale è, naturalmente, il neolaureato, 
                      per il quale gli autori del papiro (generalmente gli amici, 
                      a volte il partner, spesso con la collaborazione di qualche 
                      parente) hanno scritto un copione che deve essere, letteralmente, 
                      messo in scena. L’attore conosce, a grandi linee, come deve 
                      essere svolta la rappresentazione: il paradigma di riferimento 
                      sono i riti di laurea già visti in precedenza. Le regole 
                      particolari della sua lettura del papiro, però, non sono 
                      stabilite da lui: egli sa solo che deve adeguarsi a ciò 
                      che gli viene imposto, non prendersela se qualche scherzo 
                      è troppo cattivo, mostrare comunque di divertirsi ed apprezzare 
                      il lavoro che è stato fatto per lui. Mentre questi atteggiamenti 
                      sono stati espressi spontaneamente dalla laureata B, come 
                      confermato in seguito dall’intervista ("è stato molto bello, 
                      molto tranquillo, anzi sono stata molto contenta"), non 
                      così nella laurea A. Il laureato infatti molto spesso reagiva 
                      con smorfie appena trattenute a quanto scritto nel papiro 
                      (per esempio dopo "cittadinanza: padana", "adesso penserà 
                      a far figli"), a significare disapprovazione, cercando però 
                      di mascherarla per non mortificare la fidanzata, che ne 
                      era l’autrice.   
                      Il pubblico (inteso come tutti coloro che sono venuti 
                      ad assistere intenzionalmente alla laurea), a sua volta, 
                      sa che deve ascoltare il laureato, mostrare interesse e 
                      divertimento, applaudirlo, fingere eventualmente di scandalizzarsi 
                      (ma mai mostrare di farlo sul serio), oppure rivelare altri 
                      particolari ancora più compromettenti su di lui. Si osserva 
                      che però non tutti i suoi componenti sono attivi allo stesso 
                      modo; una maggior partecipazione è riscontrabile soprattutto 
                      negli amici più stretti e in coloro che hanno scritto il 
                      papiro. Se questi sono più d’uno, come nella laurea B, vengono 
                      a costituire una équipe che coopera per la riuscita 
                      della messa in scena. Quest’équipe si viene a creare, verosimilmente, 
                      già nel momento in cui essi si trovano per la stesura del 
                      papiro, e la sua presenza è poi evidente in tutte le fasi 
                      del rito: nell’attesa prima della discussione si prendono 
                      accordi per gli scherzi che verranno fatti dopo; immediatamente 
                      dopo la proclamazione, nella confusione delle congratulazioni, 
                      chi ha portato il papiro si preoccupa di allontanarsi per 
                      appenderlo o di mandare qualcuno a farlo, in modo che quando 
                      il laureato scende tutto sia pronto. Nel corso della lettura, 
                      poi, sono sempre le stesse persone che aiutano il laureato 
                      a sorreggere il papiro, che gli dicono quando bere, che 
                      tono di voce usare, di spiegare i riferimenti contenuti. 
                      Tutto questo viene fatto a beneficio sia del gruppo di amici, 
                      che mette in scena il proprio legame affettivo con il laureato, 
                      dimostrandogli attraverso le azioni rituali la volontà di 
                      festeggiarlo per il risultato raggiunto, sia per le altre 
                      persone presenti, che non hanno preso parte al retroscena 
                      della preparazione.   
                      Il laureato, a volte suo malgrado (laurea A), è tenuto a 
                      collaborare con l’équipe per la riuscita dello spettacolo, 
                      evitando di compromettere la rappresentazione con manifestazioni 
                      di dissenso o di rifiuto nei confronti di quanto gli viene 
                      "imposto" di fare: entra così a far parte della stessa équipe, 
                      anche se con un ruolo del tutto particolare. La sua collaborazione 
                      è essenziale, e non deve risultare forzata: ciò viene avvertito 
                      come una stonatura, come dimostrano le proteste nel corso 
                      della lettura A: "Ma leggi bene!", "Voce, per l’amor di 
                      Dio!".   
                      Alla rappresentazione, infine, assistono anche degli estranei, 
                      cioè i passanti che danno un occhiata o si fermano ad ascoltare 
                      la lettura. Essi non hanno nessun ruolo particolare nell’interazione; 
                      sono semplicemente tenuti a non interferire con essa in 
                      modo da comprometterla. Non devono dare nessuna impressione 
                      particolare: osservandone le espressioni, si nota che tengono 
                      atteggiamenti diversi e molto personali, legati probabilmente 
                      al loro senso della decenza e al fatto che conoscano o no 
                      di che rituale si tratti: alcuni si fermano e assistono 
                      divertiti, altri gettano solo un’occhiata appena incuriosita, 
                      altri (per esempio i vigili) sono generalmente indifferenti, 
                      i giapponesi ovviamente fotografano, una donna islamica 
                      ha osservato scandalizzata la laureata in mutande, una maestra 
                      proveniente dal Sud Italia ha chiesto spiegazioni (confermando 
                      il fatto che il rito è una peculiarità di Padova).  
                       
                      Queste diverse reazioni generalmente vengono ignorate dai 
                      partecipanti all’interazione principale; in qualche caso 
                      però anche gli estranei vengono coinvolti. L’iniziativa 
                      è di solito presa dal laureato su pressione degli amici 
                      (la questua, per esempio) ma, in qualche caso, parte dagli 
                      estranei stessi: un nonno ha chiesto al "vicino" della laurea 
                      A di farsi una foto assieme alla sua nipotina. In questi 
                      casi la reazione attesa è quella di "stare al gioco", di 
                      lasciarsi coinvolgere dal clima festoso per non compromettere 
                      la definizione della situazione in corso: non sono rari 
                      però rifiuti e reazioni infastidite, che vengono sanzionate 
                      scherzosamente dagli sberleffi degli amici.   
                      La 
                        leadership espressiva e la leadership di regia
                      L’analisi 
                      della distribuzione del potere di dirigere e controllare 
                      la rappresentazione rivela come alla lettura del papiro 
                      sia applicabile la distinzione goffmaniana tra leadership 
                      espressiva e leadership di regia. La prima è riferita 
                      al membro dell’équipe che diventa il centro dell’attenzione 
                      dei presenti alla rappresentazione: ovviamente, in questo 
                      caso si tratta del laureato (cfr. punto n. 2 : focus dell’attenzione), 
                      posto in alto anche per focalizzare meglio gli sguardi dei 
                      presenti.   
                      La leadership di regia, invece, consiste nel compito 
                      di dirigere e controllare lo svolgersi della rappresentazione 
                      dell’équipe. Come ho evidenziato sopra, questo ruolo non 
                      appartiene al laureato ma ad alcuni membri del pubblico, 
                      per la natura strutturale della situazione. Nella laurea 
                      A era ricoperto dalla fidanzata, autrice del papiro. Il 
                      laureato nel corso della lettura si voltava spesso a guardarla, 
                      chiedeva suggerimenti per le frasi che non riusciva a leggere 
                      e per le battute che non capiva, cercava conforto per arrivare 
                      alla fine di quella tortura. Lei stessa, prima che lui iniziasse, 
                      gli aveva dato la trombetta dicendo: "Ti dico io quando 
                      [devi fischiare]"; inoltre era stata lei ad incitare inizialmente 
                      i cori e, poi, a mandare gli amici ad appendere il papiro.  
                       
                      Nella laurea B la leadership di regia era suddivisa, invece, 
                      tra diverse persone, anche perché al papiro avevano collaborato 
                      una decina di amici. Le direttive organizzative erano prese, 
                      alternativamente, da tre o quattro degli amici e dalla sorella 
                      della laureata. Nel corso della lettura, però, è intervenuto 
                      un elemento nuovo: come ho già evidenziato al punto n. 2, 
                      si è verificata la creazione della leadership carismatica. 
                      Sul piano drammaturgico, questo ha comportato uno spostamento 
                      della leadership di regia dagli amici alla laureata stessa, 
                      che ha iniziato a prendere da sola l’iniziativa di bere 
                      ai propri errori, senza aspettare gli incitamenti degli 
                      altri; ha cercato di chiamare sopra la panchina un’amica 
                      perché spiegasse al posto suo un punto che non era chiaro; 
                      ha "imposto" di sottolineare con un "Olè!" ogni nome citato. 
                      Questo mutamento è stato rilevato anche dai commenti divertiti 
                      degli amici: "Fa tutto da sola…"; "Non vorrei mai rubarti 
                      la scena".   
                      Il 
                        retroscena messo in pubblico
                      Il 
                      contenuto del papiro è, come ho già accennato, la storia 
                      della vita del laureato, raccontata nelle sue fasi salienti. 
                      Quello che si cerca di mettere in luce, però, non sono tanto 
                      i traguardi positivi, i successi raggiunti, gli aspetti 
                      "seri" del carattere dell’individuo: si va invece in cerca 
                      di tutto ciò che può suscitare il riso e, soprattutto, abbondano 
                      i riferimenti a sfondo sessuale, spesso sotto forma di un 
                      vero e proprio elenco di ex fidanzati/e ed avventure più 
                      o meno disgraziate e comiche, di cui gli amici sono già 
                      a conoscenza. Il fatto che il papiro sarà letto di fronte 
                      ad un pubblico formato da tanti pubblici diversi (non solo 
                      gli amici, ma anche genitori, parenti, partner attuali del 
                      laureato), a volte ne influenza il contenuto, limitando 
                      i dettagli più scabrosi (laureata B: "era un papiro molto 
                      buono, mi aspettavo peggio").   
                      I genitori erano molto partecipi alla lettura nella laurea 
                      B, ascoltavano con attenzione e ridevano, senza parlare 
                      molto fra loro. Anche se dal loro atteggiamento sembrava 
                      a volte che non fossero a conoscenza di alcune avventure 
                      della figlia, sembravano comunque molto divertiti. Questo 
                      è stato confermato nel corso dell’intervista: la laureata 
                      afferma di non essersi preoccupata minimamente del fatto 
                      che ci fossero anche loro tra gli ascoltatori, sia perché 
                      sapeva che l’avrebbero presa comunque come una cosa scherzosa, 
                      sia perché probabilmente di molte cose non si erano neppure 
                      resi conto, data l’emozione del momento. Nella laurea A 
                      invece solo la madre era molto partecipe (anzi, era quella 
                      che faceva il maggior numero di battute), mentre il padre 
                      tendeva a distrarsi e non seguire.   
                      La situazione particolare della lettura del papiro rende 
                      accettabili l’uso di un linguaggio particolarmente scurrile 
                      e di allusioni spesso molto esplicite, che non sarebbero 
                      considerate adeguate in altre situazioni di fronte a quel 
                      tipo di pubblico. Ciò non toglie che, nel caso in cui alla 
                      stesura del papiro collabori il partner attuale, i riferimenti 
                      a storie passate e a perversioni sessuali vere o presunte 
                      vengano spesso tagliati drasticamente.   
                      Conclusione 
                      Uno 
                      degli autori del papiro della laurea B, interrogato dalla 
                      maestra meridionale incontrata per strada, ha così spiegato 
                      la ragion d’essere della lettura del papiro: "Fondamentalmente, 
                      lo scopo è di far del male al laureato". Il papiro è, quindi, 
                      "un foglio con scritte tutte le cose stupide che ha fatto", 
                      con cui viene additato al "pubblico ludibrio". Quest’interpretazione 
                      "indigena" non è molto distante da quello che secondo me 
                      è lo scopo drammaturgico di questo rito. La lettura del 
                      papiro, dal punto di vista goffmaniano, si configura come 
                      distruzione rituale della facciata del nuovo status serio 
                      di laureato attraverso la rivelazione di informazioni distruttive 
                      provenienti dalle altre facciate dell’individuo, soprattutto 
                      da quelle meno compatibili con l’impressione di persona 
                      matura e responsabile che ora ci si aspetta da lui. Che 
                      questa distruzione abbia solamente un carattere rituale, 
                      e non influenzi l’impressione che gli altri hanno sulla 
                      persona, è reso evidente dal fatto che l’atteggiamento prevalente 
                      nel corso della lettura è quello di divertimento e scherzo, 
                      anche da parte di quelle persone che teoricamente dovrebbero 
                      essere più colpite (i genitori).   
                      Il laureato, a sua volta, non deve dare l’impressione di 
                      sentirsi imbarazzato o a disagio, o peggio ancora, arrabbiarsi, 
                      per quanto gli amici hanno scritto di lui: questo significherebbe 
                      mettere in pericolo la definizione della situazione come 
                      scherzosa e mostrare un disaccordo all’interno dell’équipe. 
                      Ciò non significa che il laureato non protesti spesso e 
                      non smentisca le informazioni distruttive che vengono rivelate: 
                      si tratta però di proteste di carattere puramente rituale, 
                      che in realtà rafforzano e consolidano il clima di scherzo. 
                      L’affermazione:- "Se ti arrabbi vuol dire che è vero!" con 
                      cui esse sono state liquidate nella laurea B, chiarisce 
                      perfettamente questo meccanismo: se il laureato sa stare 
                      allo scherzo, la sua immagine non viene lesa; in caso contrario 
                      invece non si dimostra all’altezza della situazione e finisce 
                      per fare una "brutta figura". Questo è stato l’errore del 
                      laureato A, che gli amici infatti hanno continuato a criticare 
                      scetticamente per tutto il rito, pur mostrandosi partecipi, 
                      come previsto dal loro ruolo, quando si rivolgevano direttamente 
                      a lui.   
                       
                       
                      
                      
                      Bibliografia e materiale utilizzato
                      Libri 
                        di testo
                      
                        - Claudè 
                          Rivière, I riti profani, Armando Editore, Roma, 
                          1998.  
                        
 - Randall 
                          Collins, Teorie sociologiche, Il Mulino, Bologna, 
                          1992.  
                        
 - Erving 
                          Goffman, La vita quotidiana come rappresentazione, 
                          Il Mulino, Bologna, 1969.  
                        
 - Erving 
                          Goffman, L'ordine dell'interazione, Armando Editore,Roma, 
                          1998, prefazione a cura di Pier Paolo Giglioli. 
 
                       
                      Informazioni 
                      fornite 
                      dal goliarda "storico" di Padova Umberto Volpini "Kociss", 
                      webmaster del sito Goliardia.org.   
                      Osservazione 
                        partecipante di tre riti di laurea:
                      
                        - 23/03/2000 
                          Laurea in Scienze politiche indicata come laurea A  
                        
 - 28/03/2000 
                          Laurea in Scienze politiche indicata come laurea B  
                        
 - 29/03/2000 
                          Laurea in Lettere e Filosofia indicata come laurea C 
                          
 
                       
                       Intervista 
                        alla neolaureata della laurea B.
                      Analisi 
                        dei papiri delle lauree A, B, C. 
                       
                       
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