Obama ha vinto ed è il nuovo Presidente degli Stati Uniti, il primo afro-americano della storia di quasi due secoli e mezzo della più grande potenza mondiale. Molti ci speravano, più fuori che dentro lAmerica.
E il fatto che abbia prevalso è un bel segnale per lAmerica, ma anche per il resto del mondo. Ma occorre fare attenzione. Sono molti, in Italia e probabilmente anche altrove, a fare facili equazioni ritenendo che Obama, essendo nero, parteggerà per il Terzo mondo in politica internazionale o soccorrerà i poveri in politica economica interna. Certo, è un democratico e farà una politica da democratico, ma non è un rivoluzionario erede delle Pantere Nere e neppure un capo spirituale come Malcolm X.
Il presidente degli Stati Uniti è in primo luogo il massimo esponente dellEsecutivo della prima potenza mondiale e la sua politica potrà differenziarsi da quella del suo predecessore, George Bush, e da quella che avrebbe fatto il suo avversario repubblicano McCain, qualora eletto. Ma non si metterà a fare capriole e non rovescerà le scelte strategiche del Paese. Concentriamo lattenzione su due punti: la politica estera e leconomia.
In politica estera Obama ha annunciato di voler ridimensionare limpegno in Afghanistan e Irak e proverà seriamente a farlo. Ma non lascerà questi Paesi in mano ai qaedisti o ai talebani. Limportanza strategica dellarea è tale che ogni mossa sarà attentamente studiata e coloro che in Europa si aspettano un voltafaccia si sbagliano di grosso. Inoltre, dovrà prendere di nuovo in mano il dossier israelo-palestinese, dovrà fare fronte alla nuova aggressività dei russi e tenere comunque sotto controllo il vispo dinamismo dei cinesi.
La sua agenda, dunque, non differirà granchè da quella di Bush ma, in più, dovrà risolvere il rebus iraniano che il suo predecessore si è potuto permettere di rinviare. Se Teheran si avvicina davvero allatomica, qualcosa il presidente Usa dovrà fare, e non sarà una scelta facile. Invece, Obama proverà a stringere maggiori relazioni con lEuropa; se avessero votato gli europei, invece di una maggioranza del 52% ne avrebbe avuta una del 90%, e questo peserà favorevolmente.
In economia Obama non avrà la vita facile. Leredità che lo aspetta è micidiale, perché il salvataggio del sistema finanziario devastato dalla crisi dei subprime ha come diretta conseguenza la recessione americana e internazionale, ma soprattutto un buco del bilancio federale che sta crescendo a vista docchio. Il disavanzo era calato da circa 400 miliardi di dollari del 2004 a circa 160 nel 2007, ma con la crisi è tornato a salire. Prima del fallimento di Lehman Brothers, a settembre, il Congressional Budget Office prevedeva un deficit 2009 pari ad almeno 450 miliardi, ma ora il nuovo direttore dellagenzia stima un buco di 750 miliardi e, forse, addirittura di 1.000.
In sé non è la fine del mondo, si tratta del 7% del Pil Usa e linflazione è sotto controllo. Ma un disavanzo di queste dimensioni significa che le sue promesse elettorali saranno più difficili da mantenere. Ossia, sarà più difficile introdurre gli sgravi fiscali per chi è stato colpito dalla crisi dei mutui e per i meno abbienti; sarà più difficile varare aiuti alle imprese in crisi, specie nei settori portanti dellauto e dellhi tech; sarà più difficile resistere alle pressioni dei sindacati per un maggiore protezionismo; sarà più difficile estendere lassistenza sanitaria a chi non ce lha, e sono la maggioranza; e sarà più difficile trovare un accordo con il resto del mondo in campo ambientale ed energetico.
Evviva, allora, Obama, primo presidente di colore degli Stati Uniti, e molti auguri per il suo difficilissimo mandato.