


NICK:
il_poetO
SESSO:
m
ETA': 20
CITTA': Around Cittadella. Onara nolla conosce nisciuno.
COSA COMBINO: Lettere e Filosofia
STATUS: single
[ SONO OFFLINE ]
[PROFILONE
COMPLETO]
[
SCRIVIMI
]

STO LEGGENDO
Sigmund Freud - Il Sogno, Also Spracht Zaratustra - Nietzsche, Poesie - Andrea Zanzotto (2a volta), Il Garofano Rosso - Vittorini, i due manuali di storia contemporanea.
HO VISTO
La Città Incantata, Shrek 2, Fuoco Cammina con Me, Lora di religione.
STO ASCOLTANDO
The Future Sound Of London, Mark Hollis, Mouse on Mars, Flaming Lips, Sonic Youth.
ABBIGLIAMENTO
del GIORNO
Nu ginz e na maglietta.
ORA VORREI TANTO...
Guardare la capovolta del cielo.
IN QS PERIODO STO STUDIANDO...
Storia contemporanea, Letteratura contemporanea, Filmologia.
OGGI IL MIO UMORE E'...
So, why so sad?
ORA VORREI TANTO...
ORA VORREI TANTO...
ORA VORREI TANTO...

PARANOIE
Nessuna scelta effettuata

MERAVIGLIE
Nessuna scelta effettuata
|
"Per limina effrangessi per lumina arachnea"
|
(questo BLOG è stato visitato 2608 volte)
ULTIMI 10 VISITATORI:
ospite,
ospite,
ospite,
ospite,
ospite,
ospite,
ospite,
ospite,
ospite,
ospite,
ULTIMI
10 messaggi
(per leggere i precedenti naviga attraverso
il calendarietto qui a destra:
i giorni linkati sono quelli che contengono interventi )
venerdì 29 agosto 2008
ore 15:13 (categoria:
"Vita Quotidiana")
Io
Così tanto io da perdermi, così prossimo allio da comparare il ventre mio al vuoto dello dellio, così amaramente magro che la mia croce è li dellio.
E di chi sono questi occhi? Così tanti altri occhi miei confusi prossimi ad altri occhi che lo sguardo risuona come cantasse la sirena con un secchio nella testa, nel naufragio di se stessa.
Io è prossimo, così prossimo alla fine da copulare propriamente fino a che lessere e i verbi tutti, in un riverbero canto di morte suonino e allora sia fatta la vostra pena che
se lio-mondo muore se la luce si scompone in io-frammenti del mio sguardo allora anche voi con lui nel bu-
io.
COMMENTA
(0 commenti presenti)
- SEGNALA questo BLOG
mercoledì 6 agosto 2008
ore 16:43 (categoria:
"Vita Quotidiana")
Grafie
E incamminiamoci per queste vie buttando locchio al rompersi delle luci al neon nelle insegne dei non luoghi come un discorso che si fa chiaro mentre marca il buio da cui sorge e differenzia. Ascolta come il passo secco del tuo tacco smuova dal suo torpore di silenzio la città, quando viene la sera a ferragosto, quando alloggia la chiacchiera lontano.
Avremo ancora, domani, parole da osservare? Oppure al sopraggiungere degli altri aggiusteremo la nostra voce al coro greco rimarcando le notizie dei giornali?
Ci è dato scegliere stasera se finire in qualche posto intonando litanie attorno al noi non facendoci bastare, nello sciogliersi dei passi verso il centro, le cornici- identità del nostro volto, le vetrine;
oppure togliersi daddosso questa scena, rincasare e poi sul letto accarezzarci: la mia mano sul tuo corpo a limitarti, quando tu si spoglia della voce e si fa gesto, quando noi è un movimento che traccia e fonde dei confini.
COMMENTA
(0 commenti presenti)
- SEGNALA questo BLOG
giovedì 31 luglio 2008
ore 23:35 (categoria:
"Vita Quotidiana")
Traslochi
Mi sono trasferito -da eoni- qui: Conversazioni Private
Qui invece ci stanno le foto:
Fotografie
COMMENTA
(0 commenti presenti)
- SEGNALA questo BLOG
sabato 7 aprile 2007
ore 18:37 (categoria:
"Poesia")
Po-Mo
A La Fede
Verrò con te, Camillo, stasera, perché penso di non aver più voglia dei giochi di rimessa che ritornano miei dopo aver vissuto in altri, per questo paradigma immobile che declina tragedie.
Siamo in questa stanza, un sottotetto con le muffe riviste in terra che parlano dinediti design, al plasma un documentario sulla vita primitiva... molti commenti sonori, minimali, in pulsazioni quattro quarti, come il cuore quattro spazi, in due tempi principali, sistole, diastole, e poi un progetto videoarte sulle gesta coordinate di Zidane; è così che va la vita, ludoteca, semplici bioritmi e sei un sopravvissuto; le cose inutili richiedono complessi logaritmi per essere accettate.
Vengo con te Camillo, stasera, penso, a lanciare palloni da basket per aria senza disegni e misure, senza alcuna pretesa vi siano rimbalzi per uno spazio esente da x,y,z e patti per un corso della storia; ci ritroveremo a bere birra sulle panchine al parco di Moebius dove infinita sarà la nostra ubriacatura e senza via duscita, dove gli alberi ci cresceranno fra i polmoni e non sarà più utile tirare alcun respiro.
E la sera un nostro sogno o siamo un segno della sera? E cosa facciamo? Caro Camillo, a volte penso lo stipendio giustificazione del lavoro, avere figli una famiglia giustificazione del lavoro, e per tutti gli anni in cui non ho lavorato non abbia avuto diritto di poter essere amato.
Ho sentito Dio laltra sera e mha chiesto in sacrificio un laccio delle scarpe con cui essere impiccato. Manderà poi Isacco e il nunzio angelicale a staccare il corpo dalla trave.
LEGGI
I COMMENTI (2)
- SEGNALA questo BLOG
mercoledì 7 giugno 2006
ore 19:39 (categoria:
"Vita Quotidiana")
Il nordest è una bomboniera
(I sorpassi si susseguono in questa stanza: cimeli della comunione e della cresima deragliano su mensole più in alto, in seconda fila, mentre in basso succedono avvenimenti, quelli più nefasti)
“Che roba xea co chea piva” fa mia madre di fronte a un narghilé da Djerba nuovo: “lascia stare -no- non puoi capire” e pure io penso, dato che non cho mai pipato dentro che non so come si faccia coi tocchi di carbone e il tabacco al miele che non prende. E un po sorrido quando fa “mòeghea co chel tamburo che te sveji la nona” ed è un bongo senegalese firmato Niass.
Ogni tanto però lo sguardo di mio padre se avesse studiato direbbe che quest invasione di souvenir non fa il nostro gioco. Che di multiculturale cè solo lo sbraitare del mercante, come a Istanbul così a Mestre, che insomma tutti ci fanno il pane con le cose che danno a intendere.
Ma tutto questo lo traduce con una smorfia obliqua della bocca con un lento dondolìo del capo; e io lo capisco, e gli voglio bene ma non darei due soldi alla mia versione.
Pure inutile sarebbe dire che si cresce che cè voglia di abbandonare la stalla che nei 70 è diventata unimpresa plastica durata finché è durato questo distretto marshalliano; spiace dirlo ma i miracoli non sono eterni e soprattutto qui al nordest dove -insomma- si fa il pane con le cose che si danno a intendere.
Perciò le mensole si vestono di feticci di smanie etniche e culturali, degli occhi svelati di una mediorientale che prende il çay in una laterale di Haliç street.
E il sorpasso fosse allora uninversione di tendenza, il dire finalmente che ci siamo rotti le palle di questi schei. Che coi schei abbiamo comprato le bomboniere, pagato il vescovo e il prete quel giorno e dentro non mè rimasto niente, madre, che anni fa come hai visto ti ho risposto male e maledetto, e hai temuto facessi come Pietro Maso.
Non ci faremo il pane con la voglia devadere né il montenegro in piazza Castelfranco; probabile sì, finiremo a fare a botte in sagrato cogli albanesi e i magrebini, a dividerci lo spazio sopra gli eternit per guardare un po più lontano.
LEGGI
I COMMENTI (4)
- SEGNALA questo BLOG
venerdì 2 giugno 2006
ore 16:12 (categoria:
"Vita Quotidiana")
Diapositive prima della partenza
In questi ultimi minuti in cui ripesco il tuo libro preferito che perde le parole a ogni pagina che sfoglio non parlarmi di aerei in partenza, della voce all’interfono, dell’ansia che àncora i tuoi piedi al pavimento.
Non parlarmi –no- di questa pioggia, dell’odore di polvere bagnata e idrocarburi per la strada; per questa pozzanghera che ci racchiude in uno sguardo tremulo, in questo specchio violentato d’esigenze, io t’invito a rimanere e a non pensare al sorvolo degli occhi incastonati alle finestre, al nero di questa tempesta che tornisce controvento gli alberi in furibondi spasmi –è la voglia, credimi, di partire invisibili e di prendere le vie dell’aria-
Ma tu, no. Resta e dimentica i mille sguardi caduti in schegge col fragore delle torri, dimentica gli innumerevoli tagli delle telecamere che confiscano ogni passo per le vie del centro. Spogliati di ogni più visibile barlume; rendi il piede più leggero della luce, pronuncia parole trasparenti. Considera il tuo vedere e ponilo accanto al cielo e fai dell’assenza una casa nel mondo.
Saprò della tua presenza a ogni spinta del vento che chiude questa porta.
COMMENTA
(0 commenti presenti)
- SEGNALA questo BLOG
martedì 30 maggio 2006
ore 21:55 (categoria:
"Poesia")
Agosto
E quando capita la sera ti accorgi che la visione della città nella veste spoglia si articola in linee precise e per lo più rette; ma quanti tagli e quali angolature fanno cornici, sottolineature e definizioni di spazi e come e in che geometrie lo sguardo, mobile, fra reticoli, impalcature, sostegni e fughe vertiginose per gli spigoli mai spezzati di via Dante precipita dai fori delle grate; ci investe, sì e il disagio d’improvviso coglie noi due ombre alle vetrate.
E quale me allora sfugge fra le strade che portano un nome, per quali precisi cantoni potrei svoltare, cadere in uno spazio bianco e profondissimo, per quali insondabili riferimenti perdermi allontanando da me lo spavento del tuo occhio e quello di questo paese infetto che collima sul mio volto per mezzo dei passanti, di tutti i tuoi passati, e le disarmanti soggettive di ogni scorcio di via, da ogni bifora più alta e la più secca e bassa luce che mi staglia come un segno, il più inutile sulla carta.
Mia cara vorrei dirti di non più pensare alle sfumature dei miei contorni, di ricordare che fuori la finestra qualcosa c’insegue e sa dov’è il confine della nostra conciliazione.
COMMENTA
(0 commenti presenti)
- SEGNALA questo BLOG
mercoledì 24 maggio 2006
ore 19:00 (categoria:
"Vita Quotidiana")
Abstract
Sono qui disteso sul letto che ti scrivo, con ‘sta ventolina del portatile che non la vuole smettere di cantare. Stasera ho la finestra aperta, le zanzariere abbassate; dietro casa mia c’è un prato e -con l’afa che fa- le cicale pulsano il rumore dell’estate. Però questa ventolina degrada un po’ l’atmosfera, s’introduce indesiderata in questa conversazione fra le mie cicale e il silenzio delle parole che ti scrivo. E ora mi sa che mi fumo una sigaretta fuori e poi riprendo. Di nuovo qui. Fuori si capisce che la stagione calda, di notte, in realtà non pulsa affatto; è un concerto in tonalità minore fatto di acuti e saliscendi. A poche centinaia di metri da casa mia c’è una palude che è un po’ il regno degli animali notturni e così, nell’intreccio dei rumori portati dal vento –si approssima un temporale- spicca di tanto in tanto qualche verso sinistro. Ma stando in campagna ci si abitua, e diventano suoni familiari, come il rumore della ferrovia –che taglia in lungo il parco della palude- che a volte si coglie all’improvviso quando il vento tira da sud. Insomma, qui il vento dà voce e volume alle cose. E’ il direttore d’orchestra. E io rileggendomi un po’ rido per i fatti miei perché immagino non te ne freghi niente di questa specie di elegia notturna; e soprattutto rido di questo tono elegiaco che m’appartiene solo quando scrivo alle donne. E’ come fare il romantico a ore, un prostituirmi aggratis al centro di una rotonda dove neanche un cane può sostare. E così ci si scrive addosso. Cioè, questa mail è un metafora dello scriversi addosso Ah, e prima, tornando dentro dopo la sigaretta, mi sono accorto che l’estate è davvero incipiente perché, insomma, non si gira più il pomello dell’acqua calda per lavarsi le mani. Se si è presi dal raccontare attorno a un tema, ogni minima stronzata entra in qualche modo nel discorso; anche una contingenza che spesso si fa sovrappensiero, come il lavarsi le mani. E c’è anche che mia madre ha appena finito di darsi lo smalto alle unghie dei piedi; all’una e cinque di notte mia madre pensa ai piedi. Forse pensa che domani farà caldo tanto e più di oggi e allora porterà ciabatte o scarpe aperte, e così in pasticceria, verso le nove e un quarto, apparirà la più curata nel club delle quarantenni del paese. Dico “la più curata” perché è mia madre. In realtà, fanno parte del clan mogli di artigiani o di imprenditori decaduti con un decolleté pieno e turgido, ambrato e morbido, da fare invidia alle fresche grazie di una sedicenne. Per non parlare dei jeans a vita bassa che mostrano gli spigoli del bacino che pensi a come cavolo abbiano fatto tre figli a uscire di lì. Qui, in un paese di meno di tremila anime, c’è un velinizzarsi a tutti i livelli della piramide sociale. L’altra sera qualcuno mi ha detto che se la gente pensasse a curare la propria psiche metà di quanto curi il corpo, vivremmo tutti in una società migliore. Io aggiungo che quell’esercizio della psiche e dello spirito porterebbe ad accettare le scadenze e il procedere naturale, e la cura del corpo sarebbe allora a servizio della salute, e del sentirsi sani in un equilibrio psico-fisico. Come se la ricerca della bellezza adolescente a quaranta-cinquant’anni vincesse la morte… Che poi questa ricerca degenera spesso in smania di possesso, e allora le signore te le ritrovi in discoteca che spingono il loro bacino e il loro ventre un tempo gravido contro il tuo, e ruggiscono, spalancano le pupille, che vogliono i tuoi vent’anni. “Mens sana in corpore sano” dicevano a Roma; ora dicono “ahò, a me ssò fatta er botox”; credo ci sia qualcosa di non più tanto sano.
COMMENTA
(0 commenti presenti)
- SEGNALA questo BLOG
martedì 9 maggio 2006
ore 16:32 (categoria:
"Vita Quotidiana")
Esperienza di fotografia
Era questo ciò che avevamo immaginato al momento di dividerci per strada, il voltarsi attorno, uno sguardo aperto al mondo cose piene e ben disposte nell’addio, come il cane che ci viene incontro e non ci annusa e il mendicante nulla più di un elemento del porticato, una conformazione che ci assolve dalla carità e dall’ingiuria delle colpe
le escrescenze del reale demistificate schiacciate sullo sfondo da un diaframma troppo aperto, e riprenderci così nella nostra dimensione, le voci dei passanti come puro controcanto, le luci su di noi come colpi di bulino sulla creta informe del mattino
e così separarsi darà luogo a una spezzata come un orizzonte urbano all’alba in controluce, e poi il levarsi delle ore, la diffusione inesorabile del tempo rituffarsi nell’informe del fondale, perdere il fuoco sul soggetto principale
COMMENTA
(0 commenti presenti)
- SEGNALA questo BLOG
lunedì 8 maggio 2006
ore 00:03 (categoria:
"Vita Quotidiana")
Urlassero le foglie degli alberi
Potessero parlare le foglie, con l’acutezza dell’ago d’abete, con la carezza del palmo dell’acero rosso, raccontassero le canne e le erbe d’acqua dei rapporti con le folaghe, con l’aria e con le voci giunte di lontano, direbbero che il vento non porta novità, che quel loro tremolare è un concerto d’eccitazione che muore poi con il morire della stagione, ricordando come al sud la "stagione" sia l’estate, e l’estate sia la vita che si traveste di verde. Da una sola prospettiva, conversando, in una confessione direbbero che il loro taglio nel mondo ha una sola direzione, un’univoca posizione e l’idea della natura non è altro che uno spandersi e un aggregarsi di tagli diversi in diverse diapositive. Ogni foglia è un volto, con un sopra rivolto alla luce e un sotto tramato di nervature linfali; la propagazione della radice non ha conoscenza del sole; la radice è la filigrana della vita che nella foglia si traduce in reticolato. La percezione del vento è affidata alla trama; se il vento conoscesse menzogna, l’albero sentirebbe la necessità di camminare.
COMMENTA
(0 commenti presenti)
- SEGNALA questo BLOG
> > > MESSAGGI PRECEDENTI
|
|
MAGGIO 2022
<--Prec.
Succ.--> |
Do |
Lu |
Ma |
Me |
Gi |
Ve |
Sa |
1
|
2
|
3
|
4
|
5
|
6
|
7
|
8
|
9
|
10
|
11
|
12
|
13
|
14
|
15
|
16
|
17
|
18
|
19
|
20
|
21
|
22
|
23
|
24
|
25
|
26
|
27
|
28
|
29
|
30
|
31
|

|